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L’Uganda è uno stato giovane che sta affrontando cambiamenti, anche l’ospedale è un motore di cambiamento. Giovani e brillanti medici si radunano qui da tutto il mondo per lavorare fianco a fianco ai loro colleghi ugandesi costruendo un clima di grande positività e una struttura fondamentale per il territorio.
Per raccontarvi la realtà complessa e in crescita di Matany leggi anche il nostro notiziario.

  • Lettera di Natale 2018 da parte di Brother Günther

    Lettera di Natale 2018 da parte di Brother Günther

    Cari Amici e Benefattori,
    quest’anno ho scelto “l’Angelo” come tema della mia lettera annuale.

    L’idea mi è stata suggerita da Nina e Johannes Brenner, che hanno preparato quest’anno degli angeli a sostegno dell’ospedale St. Kizito di Matany.

    “Se m’impegno a guardare attentamente, posso vedere le tue ali”, dice la giovane e allegra Lena a Daniele, di cui si è innamorata, nel film “Come in Cielo”, dell’autore e regista svedese Kay Pollak. Con queste parole esprime la sua relazione interiore con Daniele: sei un Angelo per me! – Scoprire un angelo nelle persone che amo – non sembra essere niente di speciale. Lena però va oltre dicendo: “Posso già scoprire adesso queste ali in alcune persone e, se sono paziente, le vedrò un giorno in tutti!”

    Nella Bibbia, gli angeli sono i messaggeri di Dio. Indicano la sua vicinanza che aiuta e guarisce. Sono responsabili delle cose che non sono così ovvie, sono ambasciatori di un’altra realtà più profonda. Che Dio vuole essere vicino a me nella persona di fronte, non si riesce a percepire sempre a prima vista. Per scoprirlo, devo fare uno sforzo. Devo guardare dietro la facciata dell’altro, imparare ad apprezzare le sue capacità e accettare con pazienza le sue debolezze. In breve: devo socchiudere gli occhi come Lena e guardare con molta attenzione.

    Diventare uno “scopritore di angeli” è probabilmente un compito che dura tutta la vita. Vale però la pena: chi s’impegna, vivrà gradualmente in un mondo sempre più ricco di angeli – e si avvicinerà quindi sempre più a Dio. Certo, questo non risolverà tutti i problemi che sorgono tra gli uomini dichiarando semplicemente l’altro un angelo ma miglioreranno poco a poco le relazioni reciproche e la stima mutua ci aiuterà ad affrontare disaccordi e differenze.

    Sono trascorsi diversi mesi dalla mia ultima lettera dell’estate 2018. Ancora una volta dovetti recarmi in Germania. All’ospedale di Ulm mi hanno tolto il metallo dall’osso pelvico e dalla tibia sinistra. Poi ho intrapreso un giro insieme al Dr. John Bosco Nsubuga, il nostro direttore sanitario, che avevo invitato per due settimane in Germania, come segno di ringraziamento e incoraggiamento per il suo meraviglioso servizio all’ospedale di Matany, soprattutto durante la mia lunga assenza l’anno scorso.

    Siamo andati a trovare anche la Dr.ssa Emanuela a Grazie di Curtatone, Mantova.Abbiamo visitato il Santuario del paese dedicato a Santa Maria delle Grazie. Molte persone ammalate nel corso dei secoli hanno cercato l’aiuto della Madonna ed ancora oggi molti si rivolgono a Maria. Anche i nostri Pazienti sono convinti che troveranno la guarigione al St Kizito Hospital.

    A ottobre / novembre è stata condotta una campagna di screening per il cancro della cervice e della mammella. Molte donne hanno accettato l’invito, segno che l’ospedale di Matany è un centro in grado di dare speranza alle donne colpite dalla malattia.

    Le nostre capre ci hanno donato dei graziosi capretti: Lotte ha partorito il piccolo maschio Lorot e il 5 agosto Fleck il piccolo maschio Finn. I due sono pieni di vita e crescono magnificamente. Possiamo già consegnare del latte alla stazione dei denutriti.

    Nel mese di ottobre, Dr. John Bosco e io abbiamo partecipato a Kampala a un seminario assieme a tutti i rappresentanti dei 32 ospedali cattolici. Abbiamo ottenuto di nuovo il nostro accreditamento, con il 95,8%, quindi con cinque stelle del possibile rating. Gli ospedali di Angal, di Nsambya e il nostro di Mantany sono stati i migliori a pari punti. È stato molto incoraggiante. Questo è possibile solo perché lavoriamo in equipe.

    A novembre ci hanno visitato dei rappresentanti dell’ufficio del Primo Ministro (OPM) e del Distretto. Si sono interessati della ristrutturazione della scuola infermieristica e sono rimasti molto ben impressionati. Due studenti della scuola hanno ringraziato per il parziale finanziamento delle tasse scolastiche. Fred l’ha fatto in modo molto personale e mi sono reso conto di quanto aiutiamo i giovani durante il periodo della loro formazione professionale, altrimenti non avrebbero avuto nessuna possibilità. La breve presentazione della sua storia, che già conoscevo, mi ha comunque toccato profondamente. Jennifer da parte sua ha raccontato che senza l’aiuto iniziale da parte dell’ ospedale e ora durante l’ultimo anno dall’OPM, non avrebbe potuto terminare la sua formazione.

    Diamo molta importanza all’offerta formativa. Alle brave infermiere e ad altro personale diamo l’opportunità di successiva formazione permanente. In questo momento si trovano due medici a Kampala per la specializzazione. Uno diventerà ginecologo, l’altro chirurgo. A novembre è tornato dott. Paul, che ha terminato il corso di specializzazione in chirurgia.

    Naturalmente abbiamo anche dei piani per il nuovo anno. Dovremmo rinnovare la biblioteca della scuola infermieristica. Anche i reparti di Chirurgia e di Medicina Interna necessitano urgentemente di una nuova verniciatura. Con l’aiuto della “Sternsingeraktion” di Scheffau/ Germania potremo costruire una seconda serra.

    Anche alcuni acquisti sono necessari, come per esempio delle attrezzature per il reparto per bambini e maternità, l’introduzione di chirurgia ortopedica, una nuova lavatrice per l’ospedale, un inceneritore per materiale infettivo e plastica, un altro sterilizzatore per strumenti, un veicolo a trazione integrale per il nostro servizio d’assistenza sanitaria di base, etc.
    Naturalmente abbiamo anche dei piani per il nuovo anno. Dovremmo rinnovare la biblioteca della scuola infermieristica. Anche i reparti di
    Br. Günther Nährich, Matany Hospital, P.O. Box 46, Moroto – UGANDA – ceo@matanyhospital.org
    Come vedete, abbiamo bisogno di molti angeli custodi per aiutarci ad acquisire attrezzature in modo da proteggere meglio la vita dei nostri pazienti.
    A tutti voi auguro un Santo Natale e per l’Anno Nuovo la scoperta continua di angeli nella vita quotidiana.

    A tutti voi auguro un Santo Natale e per l’Anno Nuovo la scoperta continua di angeli nella vita quotidiana.

    Br. Günther and Team

  • Riflessioni italo-ugandesi

    L’Uganda, come tutti i paesi del Sud del mondo, presenta luci e ombre che devono fare riflettere ogni occidentale che si tenga aggiornato, con una sensibilità che gli consenta gli opportuni paragoni con il nostro Nord del mondo, non sempre certamente migliore.

    Tre fatti dall’Uganda in generale ci stanno ultimamente coinvolgendo.

    Una notizia, che si ripete e si concretizza ormai ogni cinque anni, riguarda le modificazioni costituzionali che il presidente Yoweri Muséveni si appresterebbe a fare votare dal Parlamento. Nell’originaria Costituzione, promulgata dallo stesso Muséveni, era stabilito che in Uganda un presidente non potesse essere rieletto dopo due mandati. Muséveni sta svolgendo il quinto mandato, dopo avere apportato idonee modifiche costituzionali.

    Inoltre, il limite di età massimo per potere concorrere alle elezioni è di 75 anni. Il capo di Stato in carica – Yoweri Muséveni ne ha ora 73 – si troverà quindi impossibilitato a candidarsi alle prossime presidenziali del 2021, nel caso in cui volesse presentarsi per il sesto mandato. Per questo da più parti s’intravede, in una riforma che sposti o elimini questo limite, la volontà da parte del presidente – in carica ormai da 31 anni – di garantirsi una possibilità di rielezione, forte del contributo dato alla fine della dittatura negli anni Ottanta.

    Sette persone sono state arrestate a metà settembre a Kampala per avere preso parte a una manifestazione pubblica contro la proposta di prolungare il limite di età. Il gruppo di giovani attivisti politici, che si definisce «L’Alternativa» e che si batte per bloccare tale proposta di modifica costituzionale, denuncia che le forze dell’ordine hanno anche fatto irruzione nella loro sede, sequestrando personal computer e altro materiale relativo alla loro attività.

    Questo sviluppo istituzionale fa pensare ai molti episodi africani di «capi di Stato a vita».

    In questi anni, il problema dei migranti sta coinvolgendo molte aree del mondo. L’Uganda è una di queste, a causa della fuga di molti dal Sud Sudan a seguito della guerra civile che in quella nazione è in corso ormai dal 2013, tra l’indifferenza generale: si parla di 3,4 milioni di abitanti, un quarto della popolazione totale. Il conflitto coinvolge in una spirale di violenza le due tribù Dinka e Nuer. Con un numero di rifugiati di 1.250.000 su una popolazione ugandese di 35 milioni e con l’arrivo quotidiano di nuovi profughi, l’Uganda è divenuta quasi un rifugio privilegiato per coloro che fuggono dalla violenza della guerra.

    Tra gennaio e aprile sono giunti 230.000 rifugiati, il 60% dei quali sono bambini e donne: la guerra civile ha diviso le famiglie. Il governo ugandese ha istituito a Imvepi e in altre strutture specifiche alcune aree per donne vulnerabili, che hanno subìto violenza, e per bambini non accompagnati.

    Ma non è solo il Sud Sudan il punto di partenza dei profughi. Nei primi quattro mesi del 2017, dal Congo sono giunti 14.900 profughi, 2.900 dal Burundi, 2.700 dalla Somalia e 1.700 da altri paesi. A ciascun capofamiglia venivano inizialmente assegnati 100 mq di terra da coltivare, ma il gran numero di sfollati ora ha fatto ridurre l’assegnazione a 30 mq.

    I rifugiati che sono giunti in Karamoja attraverso il confine con il Kenya attraverso Kaabong, Kotido e Amudat sono i profughi che il Kenya ha deciso di estromettere dai propri campi, per un totale di 300.000 su 500.000, in gran parte somali. È stato istituito a Naakabat, vicino a Moroto, un campo in una miniera aurifera chiusa. Forze di sicurezza sono state dispiegate in numero adeguato al compito di tutelare la sicurezza dell’area.

    Questa disponibilità dell’Uganda all’accoglienza è certamente un punto d’onore.

    In questi mesi estivi, in Italia c’è stato un (1) caso di malaria conclusosi tragicamente per la piccola vittima di soli 4 anni. Immancabili si sono subito levate le voci di nostri politici razzisti, che vedono nell’accoglienza dei profughi un incontrollabile pericolo («Ora vengono anche a infettarci»).

    Secondo la circolare del ministero della Salute dello scorso dicembre per la Prevenzione e il controllo della malaria in Italia, dal 2011 al 2015 sono stati notificati 3.633 casi, di cui l’89% con diagnosi confermata. La quasi totalità è d’importazione, i casi autoctoni riportati sono stati solo sette. I decessi sono stati in totale quattro, dovuti a infezioni da Plasmodium falciparum acquisite in Africa. Il 70% dei malati sono uomini, il 45% ha un’età compresa tra i 24 e i 44 anni. I cittadini italiani colpiti da malaria sono il 20% dei casi, di cui il 41% era in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21% per volontariato/missione religiosa. Gli stranieri rappresentano ben l’80% e, di questi, l’81% dei casi si è registrato tra immigrati regolarmente residenti in Italia e tornati nel paese d’origine in visita a parenti e amici, il 13% tra immigrati al primo ingresso. La maggior parte dei casi è notificata nelle regioni del Centro-nord.

    Ben diversa la situazione nelle aree tropicali e sub tropicali, dove la malaria rappresenta ancora la più importante malattia trasmessa da un vettore. Secondo l’ultimo rapporto Oms (World Malaria Report, dicembre 2015), sono 95 i paesi ancora con endemia malarica, circa 214 milioni i casi e 438 mila i decessi nell’anno. A Matany la maggiore causa di ricoveri in Ospedale è proprio la malaria, con 2.500 casi e 50 decessi l’anno. Non è certo per sminuire eventuali responsabilità diagnostiche in Italia che si sottolinea questo dato comparativo, ma solo per accrescere in noi la sensibilità e il desiderio di intervenire a sostegno dell’opera che Matany svolge da 46 anni.

  • Rompiamo il silenzio sull’Africa

    Rilanciamo l’appello che padre Alex Zanotelli, missionario comboniano e direttore della rivista «Mosaico di Pace», ha rivolto alla stampa italiana il 9 luglio 2017.

    Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo come missionario uso la penna (anch’io appartengo alla vostra categoria) per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani. Trovo, infatti, la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale. So che i mass-media, purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che vorrebbe. Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli stanno vivendo.

    Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa (sono poche purtroppo le eccezioni in questo campo!).

    È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.

    È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba ,il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.

    È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.

    È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.

    È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.

    È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.

    È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.

    È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.

    È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi cinquant’anni secondo l’ONU.

    È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.

    È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi Paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi (lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).

    Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi. Questo crea la paranoia dell’invasione, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi. Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact, contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti Ma i disperati della storia nessuno li fermerà. Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al Sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. E ora i nostri politici gridano: “Aiutamoli a casa loro”, dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.

    E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrumdove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa  come patria dei diritti.

    Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio (i nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?). Per questo vi prego di rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne. Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico, molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per bloccare i migranti? Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi.

    Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa.

  • Perché ho scelto di dare il mio 5 per mille a Matany

    Mentre inviamo una lettera per invitare gli tutti gli amici a sostenerci con la scelta del 5 per mille a favore dell’Ospedale di Matany, penso che sia importante sottolineare i motivi di tale richiesta.

    Il Gruppo di appoggio prosegue nel suo impegno diretto su tre tradizionali direttrici, cioè:

    1. il sostegno delle spese correnti;
    2. il finanziamento delle attività collaterali alla terapia dell’AIDS, i cui farmaci sono sempre garantiti dal Governo;
    3. l’intervento su migliorie di una struttura sanitaria che data 47 anni.

    Le ultime due iniziative portate a termine sono state le nuove cucine per i pazienti e un nuovo edificio con sei miniappartamenti per altrettante caposala, finanziato con una generosa donazione personale di un gruppo di amici di Matany.

    Anche l’attività indiretta di collaborazione con un’importante organizzazione non governativa, l’ong CUAMM – Medici con l’Africa,  consente a Matany il raggiungimento di obiettivi assai importanti: a titolo di esempio, la garanzia di reclutamento a rotazione continua di chirurghi generali, per un periodo di un anno ciascuno; l’invio di specializzandi in medicina, chirurgia e ginecologia da università italiane per un periodo di sei mesi ciascuno; l’acquisto e il mantenimento del laboratorio per la diagnosi precoce e il trattamento appropriato della tubercolosi, anche nelle forme farmaco-resistenti. Inoltre, la partecipazione di Matany al programma CUAMM “Prima le donne e i bambini”, che coinvolge anche ospedali in Etiopia e in Tanzania e ancora in Uganda, consente un alto standard di monitoraggio e terapia delle deficienze più rimarchevoli, come la mortalità infantile (150 bimbi morti ogni 1.000 nati vivi) e la mortalità materna per il parto (circa 700 partorienti decedute ogni 100.000 parti).

    Da quest’anno il CUAMM ci invita a partecipare a un programma ancora più ambizioso, ma talmente giusto che non si può non ricordare quanto Gigi Rho ci ripeteva:

    Io sento che una cosa giusta è un dovere!

    Il nuovo programma affianca all’attività di “Prima le donne e i bambini” il corollario Nutriamoli poiché i primi 1.000 giorni di vita fetale, neonatale e infantile sono quelli che determinano il destino di un bambino altrimenti talvolta condannato alla disnutrizione cronica, che minerà il suo sviluppo fisico e mentale. Per questo a noi si richiede per il 2017 una partecipazione finanziaria pressoché doppia rispetto agli anni precedenti, che era di € 30.000/anno. Dal 2018 si tornerà al nostro usuale supporto (€ 32.700). La prima cosa che vi domandiamo è l’assegnazione del 5 per mille alla nostra e vostra onlus. E, possibilmente, facendo propaganda presso i vostri amici e conoscenti, certo bombardati di richieste spesso altrettanto nobili.

    Coloro che scelgono Matany sono circa un centinaio.
    E se provassimo a raddoppiare questo numero?

    Guido

  • Udienza speciale di Papa Francesco a Medici con l’Africa CUAMM: noi c’eravamo

    Udienza speciale di Papa Francesco a Medici con l’Africa CUAMM: noi c’eravamo

    Eravamo in 9.000 sabato 7 maggio a Roma  in Vaticano per l’udienza di papa Francesco ai volontari e sostenitori Cuamm. Il Gruppo di appoggio di Matany, presente con il presidente Benedetto Rho, Silvia Polleri, Marco Rho, Susanna Pesenti, Mirella Capra è stato specificamente citato fra i gruppi lombardi. Mirella  è stata invitata nel parterre riservato e ha potuto stringere la mano e scambiare due parole col papa, che è passato a salutare famiglie e disabili alla fine dell’udienza.

    L’Aula Paolo Vi era un mare di fazzoletti gialli,  il contrassegno necessario per passare i controlli vaticani. Il papa è giunto alle 12 e qualche minuto, dopo l’Angelus in Piazza san Pietro, rallentato dai tanti che non hanno trovato posto in aula e hanno atteso dietro le transenne.

    Nell’indirizzo di saluto, don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, ha ricordato il quotidiano lavoro sul campo, il progetto a favore di mamme e bambini e le urgenze in cui si trova l’Africa, spingendosi a proporre che la Giornata Mondiale del Malato dell’11 febbraio sia trasformata nella “Giornata per l’accesso alle cure per tutti”.

    Papa Francesco ha risposto, fuori dal cerimoniale, che le parole ascoltate lo hanno avvicinato a “quei posti lontani” e ha aggiunto: «La vostra testimonianza ha portato il mio cuore giù, dove andate per trovare Gesù. Mi ha fatto tanto bene, grazie!».E ha aggiunto: «Vi ringrazio per quanto state facendo in favore del diritto umano fondamentale della salute per tutti. La salute, infatti, non è un bene di consumo, ma un diritto universale per cui l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio”.  Per i volontari “uscire incontro al povero Lazzaro, attraversando la “porta” che conduce dal primo al terzo mondo è la loro“porta santa”!»

    Con un passaggio molto applaudito dal pubblico, il Santo Padre, ha quindi ribadito con forza: «voi portate avanti con coraggio la vostra opera, esprimendo una Chiesa che non è una “super clinica per vip” ma piuttosto un “ospedale da campo”». Il papa ha chiuso, dopo aver ricordato il primo direttore del Cuamm, don Luigi Mazzucato e la sua scelta di povertà affermando:«Vi chiedo, per favore, di pregare anche per me, perché il Signore mi faccia ogni giorno più povero».

    Discorso completo di Papa Francesco: http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/05/07/0324/00750.html

  • Concerto per Matany a Milano

    Sabato 16 aprile 2016 alle 21.00

    Scarica la locandina del concerto
    Scarica la locandina del concerto

    Chiesa San Fedele
    piazza San Fedele 4, Milano

    Gruppo Vocale Jubilus Genova
    diretto da Enrico Sorbero
    all’organo Davide Merello

    Con il contributo di:
    Medici con l’Africa CUAMMM
    Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro

  • Io Donna – dicembre 2015

    Io Donna – dicembre 2015

    Uganda, viaggio tra i medici “dell’ultimo miglio Rosso” è il titolo del reportage di Io Donna su Matany.

    “Ultimo perché questa è l’Africa più povera e lontana. Rosso, come la terra, perché qui non esistono strade asfaltate e le donne dei villaggi, per partorire e o farsi visitare, devono camminare per ore.”

    L’articolo completo sul sito di Io Donna.

  • Uganda e fotogiornalismo

    Uganda e fotogiornalismo

    L’Uganda press photo award promuove il fotogiornalismo migliore oggi prodotto in Uganda, per incoraggiare una nuova generazione di fotografi e per diffondere l’importanza di uno sviluppo democratico.

    Quest’anno ha vinto Abou Kisige, che si è aggiudicato anche il primo posto nella categoria notizie con una foto che racconta la demolizione della scuola elementare Nabagereka in favore di un progetto edilizio.

    L’Uganda press photo award è stato fondato nel 2012 dall’associazione dei corrispondenti stranieri in Uganda e dalla fondazione Friedrich Ebert (che fu il primo presidente tedesco eletto democraticamente).

    Tutti i finalisti e i vincitori del concorso saranno esposti nell’Uganda museum di Kampala, fino al 28 novembre.

  • Buoni risultati a Matany: meno cesarei e più parti naturali

    «Si chiama John Bosco Nsubuga, è un medico ugandese specialista in ostetricia e ginecologia, e il suo lavoro presso l’ospedale di Matany fa la differenza. Nel corso del 2014 il dott. Nsubuga ha avuto un ruolo fondamentale nella maternità dell’ospedale orientandola a una più appropriata gestione dei parti complicati. Nel 2014 sono stati eseguiti 245 cesarei su 1.060 parti con una percentuale del 23,1% di cesarizzazione. A fronte di un incremento dei parti rispetto all’anno precedente (+109), si è assistito a una riduzione numerica (-81) e percentuale (-11,2%) dei cesarei: un calo così rapido del tasso di cesarizzazione è indice di un cambiamento positivo nella gestione delle emergenze ostetriche. Se il contributo di un singolo produce questi risultati, si riconferma che puntare sulla formazione delle risorse umane sanitarie conduce a miglioramenti tangibili.»

    Da «èAfrica» – CUAMM, n. 2 maggio 2015.

  • Mario Calabresi, Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa

    Mario Calabresi, Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa

    calabresi-copertina-non-temete-per-noi«Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa». Così, in una lettera del 1970 ai suoi genitori, scriveva Mirella Capra, giovane pediatra partita per l’Africa con il marito ginecologo Gianluigi Rho. E così è intitolato il libro (Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa, pubblicato da Mondadori, pp. 119, € 17) che il direttore della Stampa Mario Calabresi dedica alle «storie di ragazzi che non hanno avuto paura di diventare grandi».

    «La lista di nozze comprende 22 letti per adulti, 9 lettini per bambini, culle per neonati, lenzuola, elettrocardiografo, microscopio, lettino operatorio, lampada operatoria, attrezzi per la chirurgia. Deve servire ad arredare la loro nuova casa, un minuscolo ospedale in mezzo a una savana molto arida, terra rossa e pochi arbusti spinosi, nel Nordest dell’Uganda. L’ospedale non esiste ancora e quel posto, chiamato Matany, non l’hanno mai visto, è solo un cerchietto rosso su una cartina.» Gianluigi Rho e Mirella Capra si sposano a Milano nei primi anni Settanta. Lui è ginecologo, lei è pediatra. Si sono appena laureati, hanno poco più di vent’anni. Stilano una lista di nozze molto particolare: invece di argenteria e servizi di piatti e bicchieri, chiedono attrezzature da sala operatoria per un reparto maternità che non esiste ancora ma che loro contribuiranno a creare e a far crescere in anni di durissimo ma gioioso lavoro. Mirella, il 15 luglio 1970, dopo la prima visita all’ospedale in costruzione, scrive una lettera a casa in cui, dopo aver evidenziato una lunga lista di problemi, conclude: «Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa». Mario Calabresi conosce questa storia da quando è bambino: Gigi e Mirella sono i suoi zii. Oggi ha scelto di raccontarla, perché è necessario provare a rispondere ai dubbi, allo scetticismo, allo scoraggiamento di tanti ragazzi che si chiedono se valga ancora la pena coltivare dei sogni. Quella di Gigi e Mirella, ma anche quella di Elia e la sua lampara che ogni notte prende il largo dal porto di Genova o quella di Aldo che rimette in moto le pale del mulino abbandonato della sua famiglia, sono le storie di giovani di ieri e di oggi che hanno saputo guardare avanti con coraggio. Sono storie di ragazzi italiani che non hanno avuto paura di diventare grandi.