La suddivisione territoriale, così come é stata delineata dall’amministrazione europea (inglese) e successivamente africana (baganda-bantu), si è a lungo articolata in sette contee che solo a grandi linee corrispondevano ai territori tribali. Si può dire che ciò sia la regola in Africa, in quanto i confini sono sempre stati tracciati sulla carta, senza una conoscenza etnologica approfondita delle popolazioni che abitavano le varie zone. Inoltre, bisogna tener presente che le popolazioni in esame hanno sempre avuto caratteristiche seminomadi e quindi le loro organizzazioni sociali hanno avuto corrispondenze tutte speciali ai territori loro appartenenti. Le contee, a partire da nord, erano: la Dodoth, la Jie, la Labwor, la Matheniko, la Bokora, la Pian, la Upe. E’ comunque certo che tutti i Niloti presenti in Karamoja sono sempre stati ben lungi dal sentirsi cittadini della provincia ugandese del Karamoja: le loro alleanze e le loro inimicizie sono ben radicate nella tradizione ancestrale.
Iniziando dagli stessi Karimojong, ad essi erano state attribuite tre contee (Matheniko, Bokora e Pian), ora distretti rispettivamente di Moroto. Napak e Nakapiripirit. La suddivisione tribale, invece, li vuole distinti in dieci sottogruppi, dei quali i Matheniko, i Bokora e i Pian sono solamente i principali. Esistono, però, anche gli Ngitomei, gli Ngimosingo, gli Ngipei, gli Ngimuno, gli Ngikaaleeso, gli Ngikosowa, gli Ngimogwos. Tutti questi si suddividono, a loro volta, complessivamente in ventuno gruppi dì adunata .
Tutti i Karimojong delle dieci sezioni abitano in villaggi compresi in un’area considerevolmente più piccola dei tre distretti amministrativi. Intorno alle aree di abitazione permanente si trovano le aree di pascolo stagionali, alle quali tutte le sezioni hanno uguale diritto di accesso. La totalità delle aree di residenza e di pascolo è considerata dai Karimojong la loro terra tribale. Il fatto per cui tutte le sezioni hanno diritti su questa terra tribale è parzialmente responsabile di quella solidarietà politica che esiste tra le sezioni karimojong ed è anche largamente responsabile della profonda ostilità verso tutti gli ngimoe (straniero, nemico).
Il territorio tribale si trova nella parte centro-meridionale della provincia amministrativa. A est e a sud confina con il territorio dei Suk (chiamati anche Pokot o Upe), a nord con il territorio dei Jie e dei Dodoth, a ovest con quello dei Labwor, dei Lango, degli Acholi e dei Teso. Questi ultimi tre gruppi formano Province amministrative a parte, mentre i Labwor formano un distretto del Karamoja. Nel territorio tribale, in zone montane intorno al monte Moroto, si trova la popolazione pre-nilotica dei Tepeth, ancor oggi fondamentalmente dedita alla caccia.
I Jie sono un gruppo di Niloti originati dallo stesso ceppo karimojong, dal quale si staccarono per fissare la propria dimora nel territorio che ancor oggi occupano. Questo si trova nella parte centro-orientale della provincia amministrativa del Karamoja, il distretto di Kotido. Nel distretto di Abim trovano dimora i Labwor (o Ethur) e i Morulem che sono un gruppo di Niloti di lingua lwoo e quindi facenti parte del gruppo dei Niloti di Fiume-Lago. Essi si differenziano nettissimamente da tutti gli altri Niloti del Karamoja, ma sono trattati con amicizia o, nel peggiore dei casi, con indifferenza, mai con ostilità. In parte ciò è dovuto al fatto che sono agricoltori e non allevatori, in parte al fatto che sono ottimi artigiani del ferro e forgiano lance di rinomata fattura tra i Karimojong. Abitano lo stesso distretto, ai piedi del monte Labwor, anche gli Nginyakwai, gruppo staccatosi dai Karimojong Bokora, e gli Ngitobur, gruppo secessionista dei Jie. Questi ultimi due gruppi fanno quindi parte dei Niloti delle Pianure.
I Dodoth, staccatisi pacificamente dai Karimojong, occupano un territorio nel nord-est della provincia (distretto di Kaabong). Contrariamente agli altri territori tribali del Karamoja, esso è per buona parte montuoso al nord, mentre è piatto al sud. Mentre gli abitanti della zona a nord coltivano e allevano senza necessità di transumanza, quelli a sud si trasferiscono verso ovest durante la stagione secca. A una certa maggior disponibilità di acqua si accompagna la presenza della mosca tse-tse. In questo territorio sopravvive il gruppo pre-nilotico dei Teuso, confinati sulle montagne a nord-est, gli Nyangiya e i Poren, sulle montagne a nord-ovest.
L’estremo lembo a sud è invece appannaggio dei Suk, noti anche come Pokot. Il loro territorio tribale è sicuramente più vasto della contea Upe, ora distretto di Amudat in Karamoja, estendendosi anche in Kenya. I Suk-Pokot si possono distinguere in due sottogruppi: quello degli agricoltori e quello dei pastori. In Uganda, nella zona pianeggiante confinante con il territorio karimojong, si trovano i pastori, mentre in Kenya, sugli altopiani, si trovano i coltivatori. Le loro tradizioni linguistiche e culturali li legano ai Nandi-Kipsigis. Essi sono andati sempre più espandendosi verso nord, fino ad interferire con i Karimojong nelle preziose zone di pascolo del fiume Kanyangareng, aumentando così i motivi di attrito con i Karimojong stessi.
Benché non siano residenti in Karamoja bensì in Kenya, si deve ricordare il ruolo che rivestono i Turkana nella vita della regione. Si tratta di un gruppo strettamente imparentato con i Jie, che vive oggi nella zona compresa tra i monti di Moroto-Koteen e il lago Turkana (Rodolfo). Per la loro povertà di pascolo, e quindi di bestiame, essi hanno costantemente svolto azioni di razzia nelle pianure del Karamoja, da loro considerate ricche. Inoltre avevano acquisito l’uso delle armi da fuoco prima dei karimojong, che dovevano difendersi all’arma bianca.
La configurazione degli abitanti del Karamoja così delineata è lo spaccato della situazione della seconda metà del XX secolo. Per giungere a questo, si sono verificate nel corso dei secoli complesse migrazioni e secessioni che devono essere considerare più dettagliatamente, da chi ne fosse interessato. Solo un’analisi storicamente approfondita di questi movimenti tribali ci fornisce i mezzi di comprensione degli attuali rapporti tra i Nilotici del Karamoja.
Popolazioni prenilotiche in Karamoja
L’Africa orientale è notoriamente coinvolta nella “storia dell’uomo”. Numerosi sono i siti di notevole interesse antropologico in tutta la vasta area orientale, comprendente l’Etiopia, l’Eritrea, l’Uganda, il Kenya e la Tanzania.
Uno di questi è molto vicino a Matany. Le scoperte archeologiche di W.W. Bishop hanno provato l’esistenza di primati pre-umani, parzialmente bipedi, sui rilievi del Napak e di Moroto, riferibili al Miocene (30-15 milioni di anni fa). Essi sono filo-geneticamente classificati come “Driopitecus Proconsul”.
Altri interessanti ritrovamenti archeologici sono stati effettuati nella zona di Magosi, in un’area di cisterne naturali che mantengono acqua durante la stagione secca. Si tratta di attrezzi da taglio in pietra, datati intorno al 5000 a.C. e attribuiti ad abitatori di caverne di ceppo caucasoide, dediti alla pastorizia.
Questi interessanti ritrovamenti non possono avere influenze sufficientemente dirette sulla popolazione karimojong, tuttavia ci possono confermare che le migrazioni e successive occupazioni da parte dei precursori degli attuali Niloti delle Pianure non avvennero certamente in regioni disabitate.
Tradizioni orali, comprovate da reperti archeologici, hanno permesso di individuare gruppi preesistenti alla venuta dei Niloti in Karamoja. Un importante gruppo è sicuramente quello degli Oropom. Si dice che gli questi siano stati espulsi dalla regione agli inizi del secolo XIX e forzati a migrare in territorio Bukedi. Quei pochi che rimasero formano tuttora il gruppo degli Ngioropom tra i Karimojong. Innanzitutto, alcuni caratteri fisici li contraddistinguono dai Karimojong stessi, da ascriversi a tratti propri della stirpe boscimanoide. La tradizione vuole che gli Oropom fossero un popolo molto forte, che occupava una vasta regione, estesa dal Sudan, al Kenya, all’Uganda. Di questa popolazione è stato trovato interessante materiale archeologico, che la designa come popolo nettamente superiore, dal punto di vista artistico e tecnico, agli stessi Karimojong. Questo materiale si compone fondamentalmente di vasellame inciso e di numerosi attrezzi microlitici, riferibili ad un’industria della tarda età della pietra. Anche taluni oggetti ornamentali femminili furono osservati, nel 1966, come tipici della gente Oropom, soprattutto nella zona Matheniko e Pian e, in misura minore, nel Bokora. Essi non furono osservati tra i Jie, i Dodoth, i Tobur e i Napore, pochi furono trovati nel territorio Suk e numerosi tra i Tepeth di Moroto. Tra l’altro, proprio con quest’ultimo gruppo pre-nilotico gli Ngioropom attuali mantengono relazioni matrimoniali, unici tra gli odierni Karimojong.
I primi invasori del loro territorio furono popoli di lingua proto-kalenjin, che avevano legami con quei gruppi Kalenjin chiamati Maliri. Anche i Maliri seguivano uno stile di vita pastorale e occuparono il territorio che oggi coincide con la contea Jie e Dodoth e, forse, la Matheniko. Questo sarebbe avvenuto circa 600-800 anni fa.
Successive alla migrazione dei Maliri vi furono quelle dei Niloti delle Pianure, nell’ordine cronologico che è presentato nel capitolo a loro dedicato. I Maliri furono sospinti dai Toposa e dai Dodoth verso est nella zona del Monte Koteen e da qui, sempre incalzati dai Turkana che migravano verso est (dopo la loro secessione dai Jie), arrivarono fino alla valle del Fiume Omo in Etiopia. Anche gli Oropom furono premuti verso territori esterni alla pianura del Karamoja, soprattutto verso il Kenya nella zona dei Suk, durante la migrazione dei Karimojong da Apule a Moroto. Nel Karasuk, lungo il Fiume Turkwell, si ebbe la battaglia definitiva tra Oropom e Karimojong, soprattutto Pian, che sancì la definitiva migrazione degli Oropom verso il Bukedi.
Origini e migrazioni dei Nilotici
I metodi di ricostruzione storica si basano soprattutto su analisi linguistiche e culturali. Anche l’archeologia può avere un ruolo importante, perché può definire meglio le localizzazioni delle culture originarie, descrivere il loro stato economico e le loro tecnologie e dare una data al loro sorgere, al loro sviluppo ed eventualmente alla loro scomparsa. Purtroppo, però, le conoscenze archeologiche che riguardano l’Africa orientale sono povere e non adeguate per uno studio comparativo secondo i metodi linguistici, anch’essi allo stato pressoché preliminare per quanto riguarda i Niloti. La tradizione orale garantisce una buona informazione sugli ultimi secoli, mentre quella scritta riguarda soltanto gli ultimi cento anni.
Questi metodi hanno consentito di ricostruire, a grandi linee, il passato dei Niloti delle Pianure, che appare caratterizzato dai fenomeni migratori. Le migrazioni sono una caratteristica comune a numerose culture. Esse sono determinate da mancanza di terra, o da carenza di un ruolo specifico nella comunità di origine, o da secessioni di guerra, o da altre ragioni ancora. Si può dire che i movimenti migratori che determinino un cambiamento di cultura o di linguaggio nella zona di arrivo sono del tutto eccezionali e riguardano migrazioni di massa, ai quali fanno da contrappunto movimenti migratori minori, ma più numerosi, che consentono un completo assorbimento dei migranti nelle comunità preesistenti. Anche nel caso di migrazioni di massa, si può dire che lo sterminio o l’espulsione dal territorio delle popolazioni preesistenti è una rarissima evenienza, mentre l’assimilazione di queste è la regola. Infine, i movimenti migratori sono caratterizzati da piccoli spostamenti e solo l’accumulazione di una lunga serie di essi nel lasso di tempo riferibile a varie generazioni dà luogo a migrazioni di ampio raggio.
Queste caratteristiche generali del fenomeno migratorio trovano una buona rispondenza nella storia dei Niloti delle Pianure. Questa inizia, probabilmente, in un’area lungo il confine meridionale degli altopiani etiopici, vicino al lago Rodolfo. I reperti di contatti linguistici e culturali con altri popoli imporrebbero questa regione come terra-madre e, del resto, la distribuzione odierna dei linguaggi nilotici ben si adatterebbe a questa origine. La lingua nilotica si fa derivare da ceppi linguistici paleo-nigritici del nord-est africano. La suddivisione poi in tre grandi gruppi linguistici (dei Fiume-Lago, delle Pianure e degli Altopiani) si sviluppò su un arco di millenni (tre-quattromila anni), parallelamente al loro incremento demografico e alle loro migrazioni.
In un primo periodo questi gruppi, derivati dal precedente ceppo nilotico comune, furono sicuramente affratellati da un’unica cultura. Indubbiamente essi erano allevatori e bevevano sangue bovino; iniziarono ben presto a mungere le mucche; erano soliti sottoporsi all’ablazione dei denti incisivi inferiori, forse come rito iniziatorio. Si reggevano secondo un tipo di organizzazione sociale fondata sui gruppi coevi ed ebbero sicuramente un’influenza dominante lungo il margine meridionale degli altopiani etiopici. Questa influenza sembra essere stata avvertita dai Cusciti orientali, che assunsero l’idea sociale dei gruppi coevi e quella economica di sfruttamento del bestiame.
In un secondo periodo di tempo, i tre gruppi nilotici iniziarono a divergere nettamente. Mentre quello dei Fiume-Lago migrò a ovest lungo la valle del Nilo, e quindi si allontanò definitivamente dalla zona del lago Rodolfo, quello delle Pianure e quello degli Altopiani rimasero nei pressi dell’Etiopia meridionale; ma, mentre i Niloti degli Altopiani subirono forti influenze da parte dei gruppi cuscitici orientali, le culture e i linguaggi dei Niloti delle Pianure non sembrano aver subito speciali influenze cuscitiche (per Cusciti s’intendono soprattutto i Galla e i Konso e, secondariamente, i Somali, gli Apar e i Sidamo).
Per quanto riguarda le regioni al confine tra Kenya e Uganda, sembra che in tali aree soltanto i Niloti delle Pianure abbiano contribuito alla storia dell’ultimo millennio.
Queste genti probabilmente abitavano un territorio piuttosto limitato fino al XVI secolo: esso può essere collocato, secondo il volere della tradizione, nell’area intorno al Monte Moroto. Tra i vari popoli i Teso possono aver vissuto a sud-ovest del Monte Moroto, i Karimojong a nord, i Toposa ancora più a nord e i Turkana a nord-est. Nella zona orientale dell’Uganda i Niloti delle Pianure furono certamente preceduti dalle genti Nyangiya. I gruppi residui di queste genti sono gli Nyangiya dell’estremo settentrione ugandese, i Teuso della stessa area e i Tepeth della zona di Moroto e Amudat. Solo a livello congetturale si designa una zona più a est, nel Kenya, come primigenia terra di origine dei Niloti delle Pianure.
I movimenti ai quali la tradizione imputa l’attuale sistemazione dei Niloti delle Pianure sono probabilmente tutti compresi più o meno negli ultimi quattro secoli. L’espansione dei linguaggi nilotici delle Pianure, senza dubbio, spesso coincide con questi movimenti, anche se talune differenze dialettali sembra che esistessero prima di quei movimenti che, in seguito, le avrebbero accentuate. I Teso stessi sembrano derivare da un’espansione verso ovest dalle vecchie terre, fino all’area tra il Napak e il Lago Salisbury. Certamente essi erano ben stanziati in quest’area agli inizi del XIX secolo e da questa zona si sarebbero poi espansi verso sud, nel vasto territorio che oggi occupano.
Contemporaneamente all’espansione Teso verso il Lago Salisbury, i Karimojong iniziarono un’espansione verso sud, che determinò la completa assimilazione dei Teso rimasti nelle regioni orientali. Le genti Jie e Dodoth del nord sembrano provenire da un’espansione settentrionale di popolazioni migranti dall’area dei Karimojong. Contemporaneamente agli altri movimenti, i Turkana iniziarono a diffondersi verso nord-est, poi verso sud-est e in quest’ultima direzione, verso la fine del XVIII secolo, entrarono in conflitto con i Samburu.
I Toposa dell’estrema propaggine del Sudan parlano un linguaggio proprio dei Niloti delle Pianure e certamente devono la loro esistenza a genti provenienti dalla stessa area degli altri Niloti, nel corso del XIX secolo. Infine, almeno una parte della gente Lango di lingua Lwoo sembra provenire dal Karamoja, attraverso una migrazione verso ovest.
L’espansione dei Niloti in Karamoja
Dalla zona del lago Rodolfo, dove si differenziano i gruppi nilotici delle Pianure, partirono varie migrazioni. Sembra che il fattore che diede origine al fenomeno delle migrazioni sia stata la pressione esercitata dai Galla sulle popolazioni nilotiche nella zona del lago Margherita, all’inizio del XVI secolo. Essi a loro volta erano stati sospinti in quell’area dai Somali, che li avevano scacciati dalla pianura della Somalia. Allontanati dalla zona del lago Margherita, tutti i Niloti delle Pianure si trovarono concentrati nella regione a ovest del lago Rodolfo. La carenza di terra, per una popolazione così numerosa, fu la causa prossima delle migrazioni.
I primi gruppi a staccarsi dal ceppo nilotico fondamentale (prima secessione) furono i Samburu e i Masai, che migrarono in direzione sud, fino all’attuale Tanzania, indi i Bari e i Lotuho che migrarono a nord-ovest, fino all’attuale sud Sudan. Tale prima migrazione sarebbe avvenuta verso la metà del XVI secolo.
La seconda secessione riguarda il popolo Teso. Esso si trasferì verso sud-ovest, attraversando l’attuale pianura karimojong; si sistemò per un certo periodo tra il monte Napak e il lago Salisbury e da lì si espanse fino alla zona da esso attualmente occupata, che coincide con la provincia Teso. Il periodo di tale espansione si colloca intorno alla metà del secolo XVII. Quasi contemporaneamente alle secessione dei Teso iniziò la migrazione dei Jie-Turkana. Essi si spostarono verso ovest, verso il monte Moru Apolon. Da tale zona giunsero al monte Koteen e infine al monte Daidai, un piccolo complesso roccioso che divenne il loro centro sociale e religioso, il luogo dove ancora oggi essi compiono le loro cerimonie e i loro akiriket-ngakiriketa (posto del banchetto, assemblea). Questo luogo si trova nelle vicinanze dell’attuale Kotido.
Questo movimento migratorio, da porre intorno alla fine del secolo XVII, si completa con il ritorno dei Turkana (terza secessione) verso est. Alcuni di essi si sistemarono di nuovo nella zona del monte Moru Apolon, altri proseguirono sino alla zona di Lodwar. Prima della secessione I due gruppi dei Turkana e dei Jie non erano distinti e, anche in seguito alla secessione, rimasero ngikaitotoi (fratelli). Solo negli ultimi decenni questa parentela culturale è degenerata in un rapporto di inimicizia.
Esiste una seconda interpretazione riguardo al movimento migratorio Jie-Turkana, secondo la quale territori molto più ad ovest di Daidai, ín territorio Acholi, sono state zone di passaggio di tale gruppo. Infatti, esiste nei pressi del monte Rom un gruppo di lingua propria dei Niloti delle Pianure chiamato Ngiyen ed esistono anche nomi di luoghi, di detto ceppo linguistico, in territorio acholi. Probabilmente questa migrazione verso occidente dei Jie-Turkana è da ritenersi un fenomeno migratorio di secondaria importanza, rispetto al movimento espansionistico fondamentale. L’unico esito importante di tale spostamento potrebbe essere la presenza di un gruppo Jie che ha preso il nome di Ngitobur, perché risiede intorno al monte Tobur, nella zona di Abim, situata a sud-est di Kotido (Daidai).
La quarta migrazione riguarda due gruppi molto vicini ai Karimojong: i Toposa e i Dodoth. Limitati movimenti migratori di massa si erano probabilmente realizzati prima del XVIII secolo, con spostamento anche dei Karimojong verso est. Al ritorno dei Turkana verso il monte Moru Apolon, i Toposa, agli inizi del secolo XVIII, si staccarono definitivamente e si diressero verso ovest in direzione dei Jie, creando a Losilang un importante centro politico. Da Losilang i Toposa si dispersero verso nord, nella prima metà del XVIII secolo, occupando tutta la zona settentrionale dell’attuale provincia amministrativa del Karamoja e precisamente sulle montagne a nord di Logoro, fino a Kaabong. Durante questa fase espansionistica dei Toposa, che però non si concluse in questa zona ma proseguì in Sudan, iniziò la quinta migrazione verso ovest degli ultimi due gruppi dei Niloti delle Pianure: Dodoth e Karimojong.
Siamo alla metà del secolo XVIII. Attraverso la zona del monte Koteen, i Karimojong scesero verso sud-ovest fino al fiume Lotisan, dove si stabilirono per un certo periodo, grazie alla ricchezza di terra fertile e di acqua. Durante la stagione secca essi trasferivano il bestiame nella zona di Nangolebwal. Contemporaneamente, i Dodoth puntavano verso nord-ovest, sullo stesso cammino percorso dai Toposa. Naturalmente questa zona non fu più sufficiente per entrambi i gruppi e, mantenendo buoni rapporti con i nuovi venuti, i Toposa decisero di intraprendere una nuova migrazione, che era già nei loro progetti, verso l’attuale Sudan. Abbandonata dai Toposa la zona settentrionale della provincia, questa rimase territorio tribale dei Dodoth, che l’abbandonarono solo durante la grande siccità della seconda metà del XIX secolo, per trasferirsi nella zona di Orom tra gli Acholi, per poi ritornarvi.
I Karimojong, nel frattempo, a causa di attriti continui con i Jie e i Turkana, preferirono abbandonare Lotisan ed intraprendere il cammino verso Apule. Questo si snodò lungo il fiume Kobebe, in seguito fino a Lomusia e ad Akorikisa. Il fiume Apule si trova a nord-est di Moroto e scende ad ovest nel Lokicar, il quale raggiunge poi la regione Teso. Nella zona chiamata Kwarikwar, ad est del fiume Apule, i Karimojong iniziarono un periodo di vita felice. Il loro detto Tokorak Akuj Ngikarimojong Apule (Dio ha consegnato Apule ai Karimojong) ben chiarisce la loro condizione particolarmente prospera in quel periodo. In questa zona il gruppo era ancora completamente unito e proprio per questo Apule, e precisamente Nakadanya, è rimasto il centro sacro della cerimonia sociale del trasferimento dei poteri da una classe generazionale all’altra. Apule rappresenta il momento di massima stabilità dello stanziamento karimojong e in tale fase, oltre alla secolare attività di allevamento, essi poterono iniziare un’attività complementare agricola, fino a quel momento non praticata. Alcune tradizioni vogliono che proprio durante la permanenza in questa regione essi abbiano conosciuto il sorgo: Toryamut Ngikarimojong ngimomwa Apule (I Karimojong trovarono il sorgo ad Apule).
Dopo un lungo periodo di sviluppo economico e demografico, i Karimojong, nella speranza di aumentare le proprie possibilità di espansione e reputando Apule zona troppo ristretta e angusta, scesero a Moroto. Le continue razzie da parte dei Turkana e dei Jie sarebbero state un motivo ulteriore che li spinse al trasferimento. In questo momento storico si consuma la divisione politica e territoriale tra i vari gruppi karimojong. Essi sono i Matheniko, i Bokora , i Pian e altri sei gruppi minori.
I Matheniko si stanziarono sulle montagne di Moroto, sul fiume Moroto, sul monte Arengan e si dispersero fino al fiume Omanimani. I Bokora si spostarono verso sud-ovest nella zona del monte Murolinga, a Kangole e Matany, a Lotropo, sul fiume Lokicar, sui contrafforti del Napak. Un gruppo dei Bokora, gli Nginyakwai, molto attivo nelle migrazioni stagionali, si staccò nel XIX secolo, in occasione della grande carestia che investì tutti i Niloti delle Pianure. Esso si stanziò a ridosso del monte Tobur e nella piana del fiume Nangolebwal in maniera definitiva, avendo constatato la fertilità di quella zona. I Pian migrarono lungo il fiume Nangereba fino a Loputuk, a Narii e lungo il fiume Omanimani fino a Lorengedwat. Essi da questa zona, grazie ad una crescente prosperità, occuparono via via nuovi territori fino a giungere ad Amudat, posto sul confine attuale con il Kenya. Durante questa espansione essi combatterono aspramente contro i Pokot, i Sebei, i Mandi, i Kitosh e gli Oporom; si appropriarono, quindi, della pianura tra il monte Elgon e il monte Kadam. Gli altri sei gruppi minori si stanziarono in altrettante zone circonvicine.
Gli ultimi importanti spostamenti, ma solo temporanei, si ebbero durante la grande carestia che colpì il Karamoja tra il 1870 e il 1890. Furono movimenti che interessarono tutte le popolazioni della regione. Alla fine di questo periodo di carestia dovuto alla siccità, che trasformò il Karamoja quasi in un deserto, con il riprendere delle piogge pressoché tutti tornarono nelle proprie terre tribali che avevano abbandonato. In questa situazione i Karamojong vengono avvicinati dal mondo europeo, alla fine del XIX secolo.
L’Occidente scopre il Karamoja
I primi contatti del mondo occidentale con i Karimojong si fanno risalire alle spedizioni di caccia dell’inglese W.D.M. Bell, soprannominato poi Karamoja Bell. Egli a più riprese, a partire dal 1890, attraversò il Karamoja fino alle estreme propaggini settentrionali, dove trovò un attivo commercio di avorio, organizzato da mercanti arabi, somali e abissini.
Il primo contatto ufficiale britannico con il Karamoja avvenne nel 1898. Una spedizione militare agli ordini del Maggiore MacDonald attraversò la regione con l’intento, poi non attuato, di raggiungere il Nilo.
Sebbene MacDonald insistesse per far controllare il Karamoja da un presidio militare stabile, il Forein Office inglese non approvò l’idea, in quanto le scarse forze disponibili rendevano il progetto impossibile a realizzarsi. In verità, esso perseguiva in quei tempi una politica tendente a concentrare gli sforzi amministrativi nelle aree più promettenti per uno sviluppo economico, cioè nella regione meridionale dell’Uganda, intorno al Lago Vittoria.
Era questa un’applicazione del principio coloniale di affidare un’amministrazione a chi era in grado di produrre un utile, in modo che egli ne producesse uno ancora maggiore. I Karimojong, sicuramente, non entravano nel novero dei produttori di ricchezza. Il Karamoja fu dichiarato, pertanto, Distretto chiuso: i commerci presupponevano una licenza speciale soprattutto per quanto riguardava l’avorio ed era assolutamente vietato vendere armi da fuoco agli abitanti. In quegli anni grandi branchi di elefanti vagavano nelle vaste pianure della regione, attirando l’attenzione di cacciatori muniti di regolare licenza e di contrabbandieri di avorio. Gli abissini sembrano essere stati, nel giro di pochi anni, i maggiori responsabili dello sterminio degli elefanti. Essi erano soliti scambiare avorio con armi da fuoco, molto ambite dai locali (un fucile con quaranta colpi costava circa venti chilogrammi di avorio), con conseguenze notevoli sull’equilibrio tecnologico tra le varie tribù, fatto che rivestì enorme importanza nell’esito delle razzie degli ultimi decenni. Solamente a partire dal 1910 il Governatore dell’Africa Orientale Britannica , Sir Hersketh Bell, decise di intervenire nella regione con un’azione militare più incisiva. In tale periodo l’Inghilterra esercitava il proprio dominio politico su un’area comprendente il territorio dell’attuale Kenya, mentre a Entebbe era attivo il Governo Ugandese sotto il Protettorato Britannico, o meglio il Governo Baganda, al quale gli Inglesi avevano delegato prerogative di governo su tutto il territorio ugandese.
Il Karamoja era così una zona di imprecisata giurisdizione, in quanto esulava dagli interessi precipui del Governo Baganda ed era geograficamente avulsa dal resto del territorio dell’Africa Orientale Britannica, per la sua posizione a ovest del Lago Rodolfo. Fu comunque concordata tra le due amministrazioni una spedizione amministrativo-militare, agli ordini del Sovrintendente di Polizia Ugandese P.S.H. Tanner. Durante questa spedizione, Tanner potè constatare come i Jie, armati con armi da fuoco, avessero buon gioco nel razziare grandi mandrie a danno dei Bokora. Come regola generale, i Dodoth e i Jie erano meglio armati dei Karimojong, perché nei loro territori il contrabbando di avorio era stato più fiorente. La spedizione di Tanner condusse anche all’arresto di contrabbandieri di avorio abissini. Fino a quel momento, infatti, non esisteva un confine ben preciso tra l’Impero di Menelik e il territorio ad ovest del Lago Rodolfo, che gli abissini consideravano, anzi, una propria dipendenza. Per chiarire tale situazione valga questo esempio: nell’ottobre del 1903, in occasione di una fortuita visita nella zona da parte di supervisori del Governatorato dell’Africa Orientale, fu osservata una razzia a danno dei Turkana, perpetrata da 415 soldati regolari e da 600 aiutanti di Dejaz Beru, Ras di Maji. Il bottino consisteva in ventimila capi di bestiame e cento donne e bambini Turkana: infatti, gli abissini erano molto impegnati in attività schiavistiche. In seguito a pressioni britanniche, l’Imperatore Menelik accettò di tracciare un confine definitivo.
L’interesse che l’Etiopia dimostrava e la pressione politica che, conseguentemente, esercitava sulla zona spinsero decisamente il Governo Ugandese ad occuparsi sempre di più del Karamoja, pena la sua perdita in favore dell’Etiopia, a dispetto degli accordi sui confini. Così, mentre nel resto dell’Uganda si potenziava sia l’economia con colture razionali e da esportazione (caffè, tè, cotone), sia l’istruzione con le scuole, l’amministrazione del Karamoja iniziava saltuari pattugliamenti militari, per prevenire le razzie e soprattutto per tentare di escludere dal territorio quelle influenze esterne che avrebbero modificato lo “status quo” della regione. Nel 1916 furono stabilite due postazioni permanenti di Polizia, agli ordini dell’ufficiale inglese C. A. Turpin, ma con pochissimi uomini. Egli, allo scopo di controllare il territorio, nominò cinquantotto capi locali, gerarchicamente inquadrati, come nell’Uganda del Sud. Ognuno era alla testa di un’unità chiamata, con termine erroneo in Karamoja, “clan”. Il capo operava insieme ad un consiglio di anziani dello stesso clan.
A questo punto il Governo Ugandese era ormai deciso a compiere uno sforzo di pacificazione nel nord-Uganda. Nel 1921 il Karamoja fu assoggettato all’amministrazione civile. Il Distaccamento del Nord dei King’s African Rifles si sarebbe incaricato del rispetto delle norme amministrative. Nonostante le apparenze di una relativa calma e pacificazione, le contese intertribali proseguirono, con razzie e uccisioni. L’Etiopia continuò a fornire fucili, ora soprattutto ai Turkana, i quali, acquistando maggiore capacità bellica, rendevano l’economia dei Karimojong piuttosto aleatoria.
Il 1921 fu quindi l’anno che segnò la fine dell’amministrazione militare e l’inizio di quella civile, senza un reale mutamento degli intenti politici. Le decisioni amministrative erano prese in funzione dei bisogni del governo e non di quelli degli abitanti. Per i Karimojong tutto ciò rappresentò soprattutto un tentativo di restrizione della libertà di movimenti, sia quelli relativi a modificazioni dell’area di residenza, sia quelli, assai più importanti perché iterativi, relativi alla transumanza del bestiame durante la stagione secca. Per di più, l’amministrazione impose il lavoro forzato nella costruzione delle strade, il pagamento delle imposte, una nuova gerarchia dei capi e, infine, sia la confisca del bestiame, come multa in caso di disobbedienza agli ordini governativi sia la prigione, nel caso di uccisioni tribali. Indubitabilmente, gli amministratori furono del tutto incapaci di comprendere quanto la libertà di movimenti fosse importante per questa popolazione, se non addirittura un fattore di sopravvivenza. Del resto, per ogni legislatore o amministratore la mobilità della popolazione soggetta è considerata un coefficiente di rischio piuttosto elevato ai fini della sicurezza e stabilità territoriale. In definitiva, le misure amministrative furono interpretate dai Karimojong come un’azione ostile tesa a minare la loro tradizione.
Dal punto di vista formale ci furono alcuni mutamenti dopo il 1921. Nel 1922 i capi formarono un consiglio, il Central Karamojong Baraza, presieduto dal District Commissioner. Nel 1926 fu istituita una missione per gli affari civili, con un piano di sviluppo. Furono mutate anche le gerarchie dei capi e le loro sfere di influenza: la regione fu divisa in contee e sub-contee, la cui scala gerarchica era costituita da un ekapolon (capo), un ejakait (sottocapo), un mukungu (aiutante), un nyampara (segretario amministrativo). In quegli anni cominciò anche la penetrazione dei primi missionari protestanti e cattolici. Questo stile amministrativo continuò fino al periodo susseguente il secondo conflitto mondiale, ma ebbe ben poco senso nella società dei Karimojong, per i quali le persone importanti erano sempre stati gli anziani e non i capi: essi erano consultati circa i movimenti del pascolo, le malattie del bestiame e tutti i tradizionali problemi riguardanti il gruppo. L’autorità degli anziani, però, non fu utilizzata nel sistema di governo, per cui essi si dissociarono fin dal primo momento dalla politica governativa. Il risultato fu che per decenni si ebbero due strutture politiche parallele e indipendenti. Mancò, quindi, una struttura burocratica adeguata alle tradizioni; difettò sempre il pieno accordo tra gli obiettivi e gli intenti del governo e quelli della popolazione. Il risultato di questa amministrazione non poté che essere un fallimento.
Solo nel 1946 il governo si decise a mettere a disposizione della popolazione un ufficio di tecnica agraria. Nel 1947, grazie all’azione dell’agronomo governativo, fu introdotto il giogo bovino che determinò un netto incremento dell’attività agricola. Nel 1948 fu organizzato anche un piano di controllo veterinario. E’ interessante notare la cronologia di questi interventi come esempio di scarsa conoscenza dei bisogni della popolazione: prima fu istituito il servizio tecnico agrario e poi quello veterinario, non tenendo conto che l’economia karimojong era basata da sempre sull’allevamento del bestiame. Per quanto riguarda il commercio dei bovini con il resto della nazione ugandese, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale non fu mai consentita l’uscita degli animali dal Karamoja, per il timore di una diffusione di malattie bovine: del resto, la presenza di veterinari per prevenirle non era considerata un oculato investimento di danaro.
Come al solito, però, i bisogni esterni forzarono il governo centrale a un diverso atteggiamento. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, il bisogno di carne spinse l’amministrazione ad attuare un programma di esportazione che iniziò nel 1940, a un ritmo di 8000 capi per anno, e proseguì anche dopo la guerra fino al 1964. Naturalmente l’attuazione del programma comportò metodi coercitivi di reperimento del bestiame e le proteste dei Karimojong continuarono fino alla cessazione delle esportazioni. Il programma servì soprattutto al governo locale, per avere un’ entrata finanziaria, e al sud del Paese, per avere carne a basso prezzo. Infatti, gli ufficiali governativi preposti al commercio della carne mantennero i prezzi degli animali vivi molto bassi , pari al costo di un identico peso di miglio della peggiore qualità. E’ evidente che ciò non favorì l’interesse dei Karimojong all’esportazione delle loro mandrie. Dal 1964 la vendita divenne più libera, con ricavi più interessanti per gli allevatori. Essi, più che farsi pagare in valuta corrente (soggetta a notevole svalutazione), scambiavano gli animali con sementi, che avrebbero usato nell’attività agricola in primordiale fase di espansione; tutto questo, soprattutto quando erano previsti periodi di siccità che avrebbero decimato il bestiame. Nel 1954 fu approntato un piano per impedire il soprannumero bovino della zona, che a causa di un’utilizzazione eccessiva dei pascoli inaridiva il terreno, attraverso una continua vendita forzosa del bestiame in eccesso, per migliorare la disponibilità di acqua della regione. Questo piano fu benefico per l’incremento del numero dei pozzi d’acqua, ma peccò di scarsa azione di convincimento della popolazione a collaborare.
Un formidabile ostacolo all’attuazione del piano fu la ripresa delle storiche razzie di bestiame verso la metà degli anni cinquanta, dopo circa quarant’anni di relativa tranquillità. La ripresa di questo secolare problema, tra recrudescenze e assopimenti, si è protratta fino ai giorni nostri. Si è calcolato che centinaia di migliaia di capi di bestiame siano passati di mano in mano, in un continuo succedersi di incursioni di rapina. La particolare situazione di confine tra Uganda, Sudan, Kenya ed Etiopia, tutte nazioni convergenti nella zona, facilita queste incursioni. Si può in questo caso parlare addirittura di sistema di razzia, non tipico dell’Uganda, ma di reperimento più generale quando esistano certi presupposti. Il sistema è dato dall’insieme delle interazioni tra un determinato numero di gruppi di allevatori. Quando un allevatore è vittima di una razzia, egli si rifà razziando un altro allevatore e così via. L’area che è coinvolta in questo sistema si estende su tre o quattro nazioni, in corrispondenza delle loro zone di confine. I razziatori non badano ai confini, ma vi debbono badare le forze di polizia che eventualmente volessero inseguire i predatori. Nel territorio karimojong sicuramente il gruppo Turkana è il principale induttore di questo fenomeno, che poi coinvolge tutti i gruppi del territorio. I Turkana sono bene armati e, pertanto, quando le frequenti carestie colpiscono il loro territorio, essi guardano al Karamoja come ricco territorio da razziare.
Negli ultimi anni, dopo le grandi carestie degli anni ’80 e ’90, la disponibilità di armi da fuoco, anche automatiche (il prezzo di un Kalasnikov AK47 illegale è sceso fino a 40 $USA), ha consentito il formarsi di bande di predoni, che hanno reso insicura la circolazione sulle strade del Karamoja, con attacchi perfino negli stanziamenti della vicina Provincia Teso. Nell’ultimo decennio una energica azione dell’Esercito ugandese (che per il vero non è andato troppo per il sottile) ha consentito il sequestro di ingenti quantità di armi, migliorando il livello di sicurezza nella Provincia.