Uganda

Uganda in breve

La Repubblica di Uganda ha una superficie di 241.038 Km². Geograficamente è situata tra la savana tropicale dell’Africa orientale e le foreste pluviali dell’Africa centro-occidentale.
L’altitudine media è di 1000 metri s.l.m., con leggero digradare da nord a sud.
La temperatura media di 21°C (12.5-30), la piovosità di 1380 mm/anno, con una alta variabilità locale (2100 mm/anno intorno al Lago Vittoria; 500 mm/anno nel nord-est).
E’ situata a cavallo dell’Equatore, da 4° 0′ Nord a 1° 30′ Sud e da 30°0′ Est a 35°0′ Est;non ha sbocchi al mare e confina a nord con il Sudan, a est con il Kenya, a sud con la  Tanzania e il Rwanda e a ovest con la Repubblica Democratica del Congo.

Una culla di montagne circondano il paese sul confine orientale con il Kenya, il Monte Elgon e il Monte Moroto a Nord-Est, il Ruvenzori a Sud-Est (che sale fino a m.5113).

L’Uganda è ricca d’acqua, con un 17% del suo territorio rappresentato da 51.000 Kmq di superficie d’acqua. E’ attraversata dal Nilo (il tratto ugandese è lungo 770 Km); la parte ugandese del Lago Vittoria è di 30.000 Km² (totale: 68.100 Km²). La zona è anche chiamata la “Regione Interlacustre” dell’Africa. Il paese riceve abbondanti precipitazioni piovose ed è ricca di aree coltivabili. La vegetazione è estremamente varia per i diversi microclimi del paese.
Dati sociologici

Capitale: Kampala (1,5 milioni di abitanti)

Lingue: inglese (ufficiale), kiswahili, luganda e altre numerose lingue bantu e nilo-camitiche, arabo;

Sistema politico: repubblica presidenziale

Religioni: cattolici (42)%; protestanti (39)%; musulmani (12)%, seguaci delle religioni tradizionali (7%), altri (1%)

Abitanti: 35.873.000 (stime luglio 2012)

Gruppi etnici: baganda (16,9%), banyankole (8,4%), basoga (8,4%), bachiga (6,9%), iteso (6,4%), lango (6,1%), acholi (4,7%), basigu (4,6%), lugbara (4,2%), bunyoro (2,7%), karimojong (2%), altri (28,3%), europei, arabi e asiatici (1%); Popolazione urbana:13%

Crescita demografica annua: 3,58% ; tasso di fertilità: 6,65 figli per donna

Mortalità infantile (sotto i 5 anni): 128/1.000 ; Speranza di vita: 53,4 anni

Analfabetismo (sopra i 15 anni): 23,2% ; accesso all’acqua potabile: 39,7%

Prevalenza Hiv: 6,5% (ufficiale) (altre stime: 10-15%)

Accesso ai servizi sanitari adeguati: 29,9%

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Trasporti e telecomunicazioni

Strade
Un totale di 27.000 chilometri, 6.000 asfaltati, 1.800 pavimentati. Tutte le aree del paese sono accessibili per via stradale, anche se ci sono talvolta condizioni scadenti. La manutenzione stradale rappresenta una priorità governativa.



Ferrovie
Un totale di 1.240 chilometri, in uno stato disperato. E’ il mezzo di trasporto fondamentale ai porti dell’Oceano Indiano. Qualche riammodernamento dal 1980.

Linee aeree
Cinque aeroporti con piste pavimentate; il principale è a Entebbe. Uganda Airlines assicura I brevi voli interni e le connessioni internazionali. Completa riorganizzazione in programma.

Porti
Due interni sul Lago Vittoria, Jinja e Port Bell.

Telecomunicazioni
61.600 telefoni, 9 stazioni televisive, 10 AM stazioni radio; servizio internazionale via connessione con Intelsat (Atlantic Ocean and Indian Ocean International Telecommunications Satellite Corporation).

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Organizzazione politico-amministrativa della Repubblica di Uganda

Popolazione

Nel 2002 si è tenuto un importante censimento della popolazione ugandese. I risultati del censimento aggiornano quindi i dati del 1991 che davano una popolazione di 16,7 milioni, “proiettando” 22 milioni di abitanti per il 2001 e rilevano:
· un numero di abitanti totale di 24,6 milioni (c’è però il dubbio metodologico che si sia censito in eccesso);
· una crescita assoluta di 7,9 milioni di persone
· una crescita dal 1991 al 2002 del 3,3%/anno, pur in presenza dei numerosi e continui conflitti interni e l’endemia HIV, che comportano una notevole mortalità;

Il rapporto maschi / femmine vede 96,5 uomini per 100 donne. Circa metà della popolazione è sotto i 15 anni; il 10% vive in contesti urbani, di cui la metà a Kampala. La densità della popolazione varia da 120 abitanti/kmq (sud) a 30 ab/kmq (centro-nord).

L’attesa di vita alla nascita è di 43 anni e la mortalità infantile è del 10.1%. Vi è un medico ogni 22.291 persone e un posto letto in ospedale ogni 689 persone.

L’ Uganda è tra i paesi a più basso indice di Sviluppo Umano (Human Development Index – HDI). Tale indice, compreso tra 0 e 1, viene calcolato integrando Prodotto Interno Lordo, attesa di vita alla nascita e scolarità. L’Uganda si colloca infatti al 158 posto sul totale di 174 paesi del pianeta. Peraltro sul territorio nazionale si registrano notevoli differenze regionali. A fronte di una media nazionale di HDI di 0.404 (1999), si riscontrano nei vari distretti valori compresi nell’intervallo tra 0.180 e 0.627.

Etnie, lingue e religione

Sono presenti in Uganda numerose etnie, prevalentemente riconducibili a quattro gruppi maggiori: Bantu, Nilotici, Nilo-Camitici, Sudanesi, dalle differenti origini. Il più grande di essi è quello dei bantu. Provenendo dalla costa occidentale dell’Africa e migrando lungo il fiume Niger, essi occuparono il nord, il centro e l’ovest dell’attuale Uganda; questo gruppo comprende le etnie Baganda, Banyankole, Basoga, Bakiga, Batoro, Banyoro, Banyarwanda, Bagisu, Bagwere e Bakonjo. I nilotici dei fiumi-laghi provengono dal nord e comprendono Lango, Acholi, Alur, Padhola, Lulya e Jonam. I nilotici delle pianure provengono probabilmente dall’Etiopia. Essi comprendono Teso, Karamojong, Kumam, Kakwa, Sebei, Pokot, Labwor e Tepeth. I sudanesi includono Lugbara, Madi e Lendu.

Anche se ci sono in Uganda più di 56 lingue/dialetti parlati, riflesso di una società multi-tribale, ci sono tre famiglie linguistiche maggiori: Bantu, Sudanica centrale e Nilotica. Il Lago Kyoga rappresenta il confine tra i Bantu e le altre due a settentrione. L’inglese è la lingua ufficiale: molti Ugandesi parlano un inglese fluente; segue il swahili come seconda lingua conosciuta e come terza il luganda. Anche l’arabo è rappresentato.

Governo

La struttura di Governo della Costituzione del 1967 è stata modificata nel 1986.
L’Uganda è attualmente una repubblica presidenziale; la durata del mandato presidenziale è di 5 anni; l’attuale presidente è Yoweri Kaguta Muséveni;.

Nel 1996 viene emanata la nuova Costituzione della Repubblica di Uganda sulla base delle prime dieci priorità politiche della dottrina di Muséveni. L’unico partito attivo riconosciuto è il Movimento di Resistenza Nazionale (NRC National Resistance Council)
E’ stata mantenuta una sospensione dell’attività dei partiti fino al 2001, con attività politica organizzata permessa soltanto durante i periodi elettorali. Ci sono due partiti maggiori, Uganda People’s Congress (UPC) and Democratic Party (DP).
Nelle relazioni estere l’Uganda persegue la politica non-allineata; manifesta convinto appoggio alla cooperazione politica ed economica africana. Il Presidente Muséveni era stato eletto Capo della Organization of African Unity (OAU) in Luglio 1990.

Amministrazione

L’Uganda è suddivisa in Province, queste in Distretti, questi in Contee e “municipal governing units”
L’attività amministrativa è controllata dai Resistance Councils (RCs) che agiscono a livello di Distretto, Contea, subcontea e villaggio; i membri sono eletti dai membri del Council di livello inferiore e con suffragio universale a livello di villaggio.

Economia

L’agricoltura è, al momento, il più importante settore dell’economia. Vi si dedica circa il 90% della popolazione, impiegando più dell’80% della forza lavoro. Essa contribuisce al 98% delle esportazioni.
Il caffè rappresenta il grosso delle esportazioni. Altri prodotti agricoli sono: tè, cotone, tabacco, cassava, patate, miglio, legumi, frutta; bovini, caprini, latte, fiori

Risorse naturali: rame, cobalto, risorse idroelettriche, calcari, sale, terra arabile, oro (molto di cui rubato all’Rd Congo), turismo; ora anche petrolio con stime di 3 miliardi di barili disponibili

La moneta ugandese è lo scellino, di cui si danno orientativamente i cambi del novembre/2003 e di marzo 2013), che possono però variare considerevolmente a seguito di una continua svalutazione:
Valuta estera    UGX 2003    UGX 2013
US $      1/=     1874/=        2715/=
UK £      1/=     2980/=        4117/=
Euro €   1/=     1945/=        3548/=

Dal 1986, il Governo, con il supporto di paesi esteri e agenzie internazionali, si è attivato per riabilitare e stabilizzare l’economia, intraprendendo riforme della valuta, aumentando i prezzi dei prodotti per l’esportazione, aumentando il prezzo dei prodotti petroliferi e migliorando le paghe dei servizi civili. L’Uganda e’ stato, nell’aprile del 2002, il primo Paese, fra quelli più poveri, a beneficiare del programma di intervento messo a punto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, che prevede una consistente riduzione del debito bilaterale e multilaterale (3,53 miliardi di dollari a fine 2011). Con tale programma di alleggerimento del debito, l’Uganda vede i suoi conti di ripagamento del debito ridotti di circa 40 milioni di dollari all’anno, per i prossimi 10 anni. In cambio il Governo ugandese si e’ impegnato a utilizzare tale somma per progetti in alcuni settori prioritari sociali, come l’educazione e la sanità.

La crescita del PIL, negli ultimi 10 anni, è stata mediamente di circa il 6.7% .

Per quanto riguarda il mercato estero, i Paesi dell’Unione Europea hanno negli ultimi anni consolidato le loro posizioni di maggiori partner commerciali dell’Uganda: il 36% delle merci importate in Uganda provengono infatti dai Paesi Europei (nell’ordine Gran Bretagna, Germania, Italia, Francia, Olanda e Belgio) e l’Uganda esporta verso l’Europa il 33% del totale delle sue esportazioni. I prodotti esportati sono principalmente caffè, fiori freschi, cotone, tè, cacao, tabacco, sesamo, prodotti ittici, frutta e vegetali, spezie, pelli e pellami (questi ultimi hanno un notevole mercato in Italia). Le importazioni si identificano soprattutto nei beni di consumo (generi alimentari, detersivi, prodotti farmaceutici, auto, tessuti, materiale elettrico, etc.) e prodotti industriali. Altri partner commerciali sono i i Paesi COMESA, la cui quota di esportazione è del 27%, seguiti dai Paesi orientali guidati dall’India. L’Italia rappresenta il sesto partner commerciale dell’Uganda, dopo il Kenya (dal quale viene importata la maggior parte del fabbisogno interno), la Gran Bretagna (partner storico dell’Uganda), il Giappone, gli Emirati Arabi e l’India.

Nel periodo 1990-2001, l’economia ha registrato una buona performance basata su un continuo investimento, un continuativa riabilitazione delle infrastrutture e in riusciti incentivi alla produzione e all’esportazione, riducendo l’inflazione, gradualmente migliorando la sicurezza interna e consentendo il ritorno degli imprenditori esiliati Indiano-Ugandesi.
Il coinvolgimento ugandese nella Guerra della Repubblica Democratica del Congo, la corruzione nel governo, e il rallentamento del governo nel realizzare riforme hanno posto dubbi sul futuro della crescita economica, che comunque dal 2001 è stata considerevole, nonostante il ridotto prezzo del caffè.

Di fatto il 24,5% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
Indice di sviluppo umano: 0,446 (161° di 187 paesi)
PIL: 16 miliardi di dollari (45,9 miliardi a parità di potere d’acquisto nel 2011)
Pil pro capite annuo: 446 dollari (1.300 a parità di potere d’acquisto). Nel 1998 il PIL pro capite era di 320 US dollari, ma anche qui si osservano sensibilissime differenze tra i vari distretti.
Il 63% della spesa delle famiglie è rivolta alla spesa alimentare.
Crescita economica annua: 6,4% (2011); Inflazione: 13,7% (2011)

Istruzione

La scolarità non è obbligatoria, ma altamente raccomandata. Ci sono quattro livelli di istruzione:
la primaria di sette anni,
la secondaria inferiore di quattro anni,
la secondaria superiore di due anni e
la post-secondaria (università, college per insegnanti, scuole commerciali).
Gli alunni pagano parte delle spese al livello primario e secondario; indi l’istruzione è gratuita. Il tasso di analfabetismo medio tra gli adulti è 39% della popolazione con sensibile differenza tra i sessi : per gli uomini è del 36% (il 24% dei giovani uomini), mentre per le donne è del 47% (46% delle giovani donne). Si registrano però punte dell’80-90% nelle aree più povere (Karamoja). Ogni insegnante ha in media 35 allievi.

Giustizia

Per quel che riguarda il sistema giuridico, nel 1995 è stato reintrodotto un sistema di common law e di diritto consuetudinario, con influenze dalla legge islamica e di costume locale. La Corte Suprema dell’Uganda è il massimo livello, cui seguono vari livelli di appello inferiori. Le cause minori sono gestite dai comitati di resistenza locali.
La pena di morte è presente e viene attuata per impiccagione; nel 1999 le esecuzioni sono state 28, le condanne a morte almeno 6; nel braccio della morte sono detenute circa 1000 persone.

Sanità

Il sistema sanitario ugandese presenta una lunga storia che si svolge nel corso del 20° secolo. Nel 1989, agli inizi dell’attuale corso politico, l’Uganda aveva 79 ospedali, con 20.000 posti-letto. Il Governo gestiva 46 di questi Ospedali, mentre 33 erano gestiti da religiosi e da organizzazioni private. Inoltre, più di 600 piccole unità sanitarie erano attive a livello nazionale, rappresentate da Health Centres, ambulatori di maternità, dispensari e sotto-dispensari, lebbrosari, posti di soccorso. Almeno un ospedale era localizzato in ciascun distretto; a Kampala, la capitale, ve ne erano sette. Nei distretti settentrionali, con popolazioni più sparse, la gente doveva percorrere lunghe distanze per fruire delle cure mediche e accedere alle strutture, che erano meno numerose rispetto a quelle del sud.

Nel 1990 l’intero sistema sanitario ugandese era servito da 700 medici.
La spesa pro-capite per la sanità ugandese si era attestata a meno di 2 dollari/anno  per quasi tutto il periodo degli anni ’80. Questo basso livello di spesa incominciò ad aumentare lentamente nel 1989, quando il governo collocò 63 milioni di dollari (circa il 26% del budget) per lo sviluppo dei servizi sociali ed in particolare 24 milioni di questo ammontare per i servizi sanitari. Questo rappresentava un incremento del 50% delle spese sanitarie rispetto all’anno precedente.
La priorità dei programmi governativi era il riammodernamento delle strutture esistenti e il miglioramento degli approvvigionamenti.

Nel 1989 un finanziamento del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) e dell’Associazione dello Sviluppo Internazionale (IDA) fu stanziato per riabilitare 19 ospedali nazionali, soprattutto attraverso le riparazioni degli edifici e il miglioramento dell’approvvigionamento idrico ed elettrico.

I progetti di sanità primaria, comprendenti un programma di vaccinazioni, di prescrizione di farmaci, di approvvigionamento di acqua pulita e di igiene pubblica, rappresentò pure una speciale priorità. Il Fondo per di Sviluppo Europeo (EDF) fu usato anche per costruire 20 nuovi Health Centre e per istruire personale per la sanità. Un gruppo di organizzazioni governative e non governative fu coinvolto in ricerche di sanità negli ultimi anni 1980, sponsorizzate soprattutto dal Ministero della Sanità, dall’Istituto di Salute Pubblica e dell’Università del Makerere. La più grande struttura sanitaria della nazione, l’ospedale di Mulago, condusse ricerche sulla nutrizione e sulle malattie endemiche; numerosi ricercatori svilupparono programmi di nutrizione per i bambini perché venissero realizzati attraverso l’UNICEF e il Save the Children Fund. La Croce Rossa Ugandese e il Ministero della Sanità, in cooperazione con numerose agenzie internazionali, tra le quali la Fondazione Don Gnocchi, aprirono un laboratorio ortopedico a Kampala per bambini e adulti handicappati, molti dei quali soffrivano per esiti di poliomielite e per lesioni da episodi di violenza. Le Missioni cattoliche e protestanti, la FAO, il Comitato Internazionale della Croce Rossa e OXFAM furono anche attive nei progetti di soccorso e di emergenza, che comprendevano tra l’altro la distribuzione di cibo.

Molti ugandesi criticarono il loro stesso governo per l’insufficiente attenzione ai bisogni sanitari della popolazione, rispetto alle spese militari, ma essi nutrivano anche la speranza che gli sforzi governativi per eliminare la violenza e lo stato di guerra avrebbero poi costituito le fondamenta per un migliore sistema sanitario. Purtroppo la situazione politico-militare ha continuato ad essere un fattore di destabilizzazione e di disgregazione sociale, non ancora conclusasi dopo 23 anni di impegno governativo: soprattutto nel nord le incursioni terroristiche del LRA hanno impedito ancora nel primo decennio 2000 uno sviluppo adeguato delle politiche sociali.

L’Uganda ha attualmente circa 20.000 posti-letto ospedalieri e circa 700 medici sparsi su tutto il territorio nazionale. L’aspettativa di vita media è di 43 anni.
Il budget sanitario annuale  ammonta a 119.33 miliardi di UGX (= € 34.285.714,3) di cui il 67% (80.37 miliardi) da donatori esteri, il 26% (30.9 miliardi) dal governo ugandese e il 6.7% (8.06 miliardi) ancora da donatori esteri per attività di Sanità Pubblica, per un totale di dipendenza dall’estero del 73.7%. La spesa sanitaria pro capite si è collocata a meno di 14 $ USA, di cui almeno la metà a carico delle famiglie (anche se i dati governativi parlano di un budget pro capite di 118 $ USA). Numerose sono le patologie batteriche, virali e parassitarie (morbillo, pertosse, broncopolmoniti, malaria e anemia, tetano, tubercolosi, AIDS – ora in forte riduzione).

Storia

Gli eventi storici remoti

L’Uganda in tempi remoti ha conosciuto periodi di pace, ma mai di quieto isolamento. La sua storia antica, che ci parla attraverso reperti archeologici e racconti di viaggiatori, include cambiamenti politici, migrazioni e sviluppi di culture diverse. Gli antichi abitatori delle aree intorno al Lago Vittoria furono raggiunti, intorno al IV secolo dell’era volgare,  da genti migrate da ovest. Provenendo dalla costa occidentale dell’Africa e migrando  lungo il fiume Niger, essi occuparono il nord, il centro e l’ovest dell’attuale Uganda.   Questi nuovi arrivati, progenitori degli odierni Bantu, sperimentarono dal decimo secolo in poi la pressione esercitata dal nord dall’espansione del guerrieri-pastori non-Bantu . Nel XIII secolo i bacwezi (antenati degli attuali tutsi-bahima) giunsero dal nord e assoggettarono i  gruppi bantu. Il graduale movimento di queste popolazioni verso sud-est fu rallentato dalla formazione di nuove società comprendenti agricoltori e allevatori.

Nel XV secolo nacque il regno di Kitara; nel XVI/XVII iniziarono le dinastie bito dei regni Buganda, Bunyoro, Busoga e Ankole e i regni degli Acholi e dei Lango; dal XVIII/XIX iniziò l’egemonia del regno del Buganda.
Tra il XVIII e il XIX secolo il Buganda si espanse, fino a controllare il territorio tra il Nilo Vittoria e il fiume Kagera. Nel 1842 arrivarono i primi commercianti arabi, che scambiavano armi, vestiti e perline con avorio e schiavi dal Buganda. Ci fu forte competizione per il controllo del territorio, soprattutto al sud attorno al Lago Vittoria, con la formazione di società complesse e stratificate, che si basavano sull’agricoltura e su stabili dimore. Durante il XIX secolo il gruppo più forte, rappresentato dai Bunyoro, cominciò a cedere terreno e potere sul vicino gruppo del Buganda. Due aree, di Bugangazzi e di Buyaga, furono annesse dal Buganda. Da quell’area è nato il nome “Uganda”, figura mitica di grande cacciatore, capace di sfamare il suo popolo, divenuta la denominazione unitaria dal 1908. Di questo leggendario re del Buganda ci parla l’esploratore J. Speke, che a lungo perlustrò l’area nel XIX secolo insieme a J. Grant alla ricerca delle sorgenti del Nilo.
Contemporaneamente tanti esploratori europei approfondirono la conoscenza della zona, tra cui l’italiano Giovanni Miani (1860): molti di essi erano missionari tedeschi. Nel 1879 giunsero i primi missionari cattolici (francesi dell’istituto dei Missionari d’Africa,i “Padri bianchi”, del card. Lavigerie) ma nel 1880 la rivalità tra missionari protestanti (britannici) e cattolici (francesi) degenerò in una scandalosa “guerra di religione”.
Alla Conferenza di Berlino del 1885 e poi con il Trattato anglo-tedesco del 1890 venne definita l’area di influenza inglese a settentrione del Lago Vittoria. La Compagnia Imperiale Britannica per l’Est Africa (IBEA) ebbe l’autorizzazione inglese a commerciare nell’area est-africana e ad amministrarla. La Compagnia era guidata dal Capitano Lugard. Egli lavorò molto per gli interessi coloniali britannici, oltre che per quelli della Compagnia.

Sul finire del XIX secolo, i commercianti arabi erano giunti numerosi nella zona, portando la consuetudine della poligamia e dello schiavismo. La decisa opposizione della Church Missionary Society protestante e dei Padri Bianchi cattolici condusse ad un duro confronto religioso. Le rappresentanze di Islam e Cristianesimo, che si erano pure confrontate su temi sociali, spirituali ed economici, lasciarono una forte impronta nella società ugandese. Proprio in queste aree (ma più in Sudan) svolgeva la sua opera (anche contro lo schiavismo) Padre Daniele Comboni. Nel 1885-87 i Kabaka Mwanga I e Mutesa I scatenarono una persecuzione anticristiana. Carlo Lwanga e i suoi 21 compagni, fra cui Kizito, pagarono con la vita la loro fede: vennero santificati nel 1969 quali martiri e sono conosciuti come il gruppo del Martiri d’Uganda. A S. Kizito, il più giovane, è dedicato l’Ospedale di Matany.

Il controllo dei disordini in Buganda tra cattolici, musulmani e protestanti lievitò però a tale livello i costi di gestione della Compagnia che questa fu costretta ad invitare il Governo Britannico ad intervenire. Nel 1893 la bandiera dell’Union Jack fu issata a Port Alice (Entebbe) e un trattato (che invalidava ogni precedente altro) fu firmato tra il Kabaka del Buganda Mwanga II e Sir Gerald Portal, primo rappresentante ufficiale del governo britannico. Il Kabaka veniva posto sotto la protezione inglese (protezione da che cosa, non si sa) ma lo impegnava ad accettare ogni trattato stipulato dalla Gran Bretagna: veniva concessa l’autonomia al regno del Buganda, trasformato in una monarchia costituzionale  Nel 1894 il Capitano Grant conquistò il Busoga. Il Generale baganda Kakungulu, un guerriero “religioso”, passò il lago Kyoga con gran seguito di baganda, per conquistare il Teso e il Lango: anche l’Uganda orientale fu portata così sotto gli agenti baganda del sud. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la legge britannica era ben stabilizzata, tranne che in Karamogia, dove giunse nel 1919.

Nel 1900 un altro accordo fu firmato tra i Baganda e Sir Johnston. Da quel momento il Kabaka governava solo per concessione degli inglesi; la terra fu privatizzata, cosa che diede forte impulso all’agricoltura, con l’istituzione della monocultura del cotone. Lo stesso trattato fu firmato con il Re del Toro e dell’Ankole nel 1894, mentre con il Bunyoro fu possibile solo nel 1933. L’agricoltura ebbe un forte sviluppo durante la Prima Guerra Mondiale e durante gli anni ’20 e ’30 i proprietari agricoli riuscirono a influire sulle fluttuazioni dei prezzi del mercato mondiale. Le leggi del Protettorato regolarono secondo un calcolo oculato l’uso del territorio e di altre risorse, spesso accordando le licenze su base puramente razziale.

Ovunque la legge coloniale era stata istituita con la forza ed erano stati guai per chi vi aveva resistito. Primo fra tutti Re Kabarega, che resistette per dieci anni fino al 1899, quando fu deposto e inviato in esilio, dove morì nel 1923. La stessa fine fece il Kabaka Mwanga del Buganda, quando in un secondo momento si oppose agli Inglesi; stesso destino per il Re di Igara, per il Re del Kajara e del Buhweju. Anche nel Teso, nell’Acholi e nel Lango ci fu resistenza, culminata nella ribellione di Lamogi del 1912. Ma i dispiaceri più grossi vennero dai soldati di origine sudanese, che combattevano per Lugard. Ci fu infatti un lungo ammutinamento, che fu risolto solo con l’arrivo di truppe anglo-indiane, che sconfissero gli ammutinati.

Gli inglesi trovarono in Buganda il sistema di governo denominato “kiganda”, che fu esteso a tutta la regione, affidandolo per l’esecuzione ad agenti baganda. Il Protettorato era comandato da un Governatore, sotto il quale c’erano i Commissari Provinciali e Distrettuali. Questi ultimi erano coadiuvati da capi di contea e subcontea (gombolola) e numerosi capi minori. C’erano consigli locali modellati sull’esempio del Lukiko (Parlamento) del Buganda.

Ma nel 1921 quando fu introdotto il Legislative Council, gli africani boicottarono il nuovo sistema, che era retto esclusivamente da europei e da indiani. E’ solo nel 1926 che J.C. Amin accettò di divenire membro non ufficiale del Council, su invito del Governatore; e solo nel 1945 tre membri africani vi entrarono di diritto. In questo periodo vanno ricordati due europei illuminati che si opposero strenuamente all’ingordigia dei produttori europei, che desideravano sviluppare le redditizie monoculture, a scapito della piccola agricoltura locale di sussistenza: Mr. Simpson, Direttore dell’Agricoltura dal 1915 al 1929 e Mr. Spire, Commissario Provinciale della Provincia Orientale. Il cotone e il caffè erano comunque diventate le due voci più importanti nelle esportazioni, sostituendo l’avorio. Il sistema produttivo si avvaleva dall’1902 di una efficiente linea ferroviaria, da Kisumu alla costa del Kenya (Uganda Railway), potenziata nel 1912 da Jinja a Namasagali e da Tororo a Soroti e nel 1948 fino alle miniere di Kasese; dal 1961 la linea sarà estesa da Soroti a Lira e a Gulu.

Nelle prime decadi del XX secolo gli agenti baganda crearono molto scontento, più degli inglesi stessi, che pure erano assai convinti del loro ruolo imperiale. Una grande cerimonia ebbe luogo il 10 Aprile 1944 per festeggiare i primi 50 anni di presenza britannica in Uganda . Il Governatore Sir Charles Dundas dichiarò che il 10 aprile 1994 avrebbero festeggiato il secolo. Qualche mese dopo, in gennaio 1945, il governo coloniale assestò un duro colpo agli elementi anticolonialisti. Approfittando di uno sciopero dei lavoratori dei servizi sociali, vennero soppressi i contatti dei dissidenti con il mondo libero e la loro possibilità di esprimersi all’interno. Nel 1945 il governo coloniale istituì la Special Branch (una polizia speciale) per ricercare, neutralizzare o punire gli attivisti indipendentisti. Tra il 1945 e il 1950, il governo coloniale criminalizzò le associazioni politiche locali, per impedire qualsiasi connessione con la mobilitazione anticolonialista. L’ufficio coloniale di O. H. Morris e J. H. Horton concepì un programma ufficiale chiamato ‘Corona’ per mobilitare forze contro l’indipendenza nelle colonie, inclusa l’Uganda. Il programma ‘Corona’ fu affidato a Sir Charles Jeffries.

Molti Ugandesi furono comunque attivi nell’ostacolare l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Molti di essi venivano insigniti di particolari titoli di merito di significato molto limitato, su base totalmente etnico-tribale. Uno di questi esponenti più attivi fu un capo ankole chiamato Lazaro Kamugungunu, ma la lista è lunghissima e ogni realtà tribale ha avuto i suoi esponenti. Invece dell’indipendenza, ì gruppi etnici preferirono ottenere i loro Busoga College, Lango College, Teso College, le cooperative etniche, gli ospedali etnici, le scuole etniche e gli amministratori locali etnici. Il nazionalismo etnico divenne più affascinante dell’anticolonialismo. Il giovane Apolo Milton Obote, prima di divenire nazionalista, condusse una campagna giornalistica contro l’indipendenza a causa dell’arretratezza dell’Uganda settentrionale.

Nel 1950 il Ministero Coloniale Britannico istituì un nuovo centro di istruzione a Nsamizi (Entebbe) per la formazione politica dell’intellighentia ugandese. Il Nsamizi Training Institute svolse un ruolo paragonabile all’attuale scuola politica NRM di Kyankwanzi, anche per l’obiettiva serietà e professionalità dell’istituzione. Nel 1950 il Governo Coloniale iniziò a istituire i Consigli di Governo Distrettuali. Per divenire consigliere era necessario aver frequentato il corso preparatorio del Makerere College (Certificate of Competence).

In genere comunque le rivolte ugandesi non avevano una base nazionalista, sia perché le etnie erano molto differenti, sia perché gli inglesi non avevano qui rapinato la terra degli ugandesi, come avevano fatto invece in Kenya, sia perché fu utilizzato un sistema autoctono amministrativo che favorì un’autonomia locale. Ma verso gli anni ’50 il nazionalismo fu sufficientemente maturo. Le rivolte del ’49 e del ’50 portarono nel 1952 all’arrivo di Sir Andrew Cohen, che propose importanti cambiamenti costituzionali nel Buganda, che avrebbero realmente condotto ad una autonomia di governo. Nel frattempo era stato fondato il primo partito politico UNC (Uganda National Congress), per l’unità e l’indipendenza di tutti gli ugandesi.

Ma nel 1953 il Segretario di Stato per le Colonie propose l’istituzione della Federazione Est-Africana. Il Kabaka Mutesa II si oppose e domandò allora l’indipendenza, ponendo in pericolo l’esistenza stessa del governo coloniale. In novembre Mutesa II fu deposto e deportato in Inghilterra. Deportando il Kabaka, Sir Cohen fece un errore madornale. In una notte il Kabaka divenne l’eroe di tutti gli ugandesi. Così l’obiettivo della UNC fu subito chiaro: l’eliminazione del colonialismo, la denuncia dello sfruttamento degli africani da parte degli europei e degli indiani e l’opposizione alla Federazione. Ma nel nord non tutti erano dello stesso convincimento. In marzo 1955, Il Governatore Sir Cohen visitò Gulu per inaugurare la “Sir Samuel Baker College Library”. Otema Alimadi, un acholi di spicco, che sarebbe diventato parte di varie iniziative acholi nella politica ugandese (in seguito sarebbe diventato Primo Ministro sotto Obote), appoggiò l’azione diversiva del Governatore.
Ci fu comunque una rapida crescita politica del popolo ugandese attorno alle idee indipendentiste. Nel 1954 fu fondato il Partito Democratico (DP) e il Partito Progressista (PP) che però non ebbero mai la dinamicità dei leaders dell’UNC come Nusaazi, Kiwanuka e Mayanja.
Nei negoziati per ritorno di Muntesa II si richiesero elezioni dirette, accettate nel Buganda Agreement del 1955. Cohen si impegnò ad elezioni dirette sperimentali in Buganda nel 1956, ma con elezioni indirette altrove; sorprendentemente il regime del Buganda non ne permise la realizzazione, con ulteriori ritardi nell’autonomizzazione dell’Uganda.

Le forze e gli sviluppi internazionali che costrinsero la Gran Bretagna a dare l’indipendenza all’Uganda ed alle altre colonie furono comunque superiori sia agli interessi particolari dei filocolonialisti, sia delle spinte anticolonialiste ugandesi. Nel 1058 è concesso l’autogoverno. Nel 1961 è rinnovato il Consiglio legislativo. In quegli anni il UNC perse mordente, in favore di formazioni minori, una delle quali fu Uganda People’s Congress (UPC), guidato da Apolo Milton Obote, e l’altra il Democratic Party di Benedicto Kiwanuka. Comunque le elezioni del 1961 portarono alla formazione del primo governo africano di B. Kiwanuka; Obote guidò l’opposizione. Un pericolo per il Democratic Party fu la nascita del Kabaka Yekka, partito politico monarchico del Buganda. Ma fu solo con l’alleanza con UPC che ebbe un ruolo attivo e partecipò alla definizione della Costituzione di Indipendenza del 1961.


Nel 1962 quando si trattò di decidere quale partito avrebbe preso in consegna il potere politico con l’Indipendenza ormai imminente, il Uganda People Congress e il Kabaka Yekka si allearono, vinsero le elezioni con una discreta maggioranza, Obote fu eletto Primo Ministro e incaricato di andare a Londra a dare gli ultimi ritocchi della Costituzione di Indipendenza.

Dopo decenni di contrapposizioni e lotte, la decisione inglese di lasciare l’Uganda maturò in sette mesi, da marzo a ottobre 1962. Il 9 ottobre 1962 l’Uganda fu dichiarata indipendente. Sir Edward Mutesa fu eletto primo Presidente “non esecutivo” dell’Uganda e Sir Nadiope Vicepresidente, con Milton Obote (leader del Congresso Popolare d’Uganda, a prevalenza protestante, schierato contro il Partito Democratico, cattolico e guidato dall’avvocato Benedicto Kiwanuka) come primo ministro.

Dall’indipendenza a Museveni

Quando l’Uganda ottenne l’indipendenza nel 1962, nessuno si aspettava il successivo lungo disastro. Diversamente dal vicino Kenya, in Uganda non c’era stato un conflitto così sanguinoso come la rivolta Mau-Mau. La produzione di cotone e caffé aveva garantito una discreta qualità di vita e  una buona educazione scolastica: quindi buone speranze per il futuro. Diversamente dalla Tanzania, l’Uganda era ricca di risorse naturali e dotata di una preparata classe professionale intermedia. Infatti, i primi anni videro il sorgere di nuove scuole e di ospedali, di migliorati trasporti, di iniziative produttive. L’Università di Makerere era garanzia di cultura, l’Ospedale di Mulago di buona preparazione medica; la grande centrale idroelettrica di Owen Falls sul Nilo garantiva al nuovo Governo appena insediato importanti vantaggi energetici. L’indipendenza stessa era stata raggiunta senza gravi spargimenti di sangue: si può perfino sostenere che i partiti politici divennero veramente attivi più per prendersi in carico l’indipendenza che non per conquistarla attivamente. Come Primo Ministro, Obote dimostrò un certo talento nel mediare tra gruppi molto differenti per lingua, tradizioni, cultura, inimicizie storiche e rivalità religiose.

La prima sfida che Obote si trovò a fronteggiare fu l’ammutinamento delle truppe dislocate a Jinja (1964), seconda città del Paese, unico ponte sul Nilo e sito della centrale idroelettrica. Venne richiesto l’aiuto delle truppe britanniche e i negoziati furono condotti dal Ministro della Difesa ugandese, che venne addirittura catturato e accettò tutte le richieste, fra le quali l’aumento degli stipendi e moltissime promozioni. L’intervento delle truppe britanniche sedò pacificamente la rivolta e Obote, contrariamente a quanto fecero altri presidenti africani trovatisi nella stessa situazione, decise di non adottare nessuna sanzione nei confronti degli insorti. In seguito, ebbe a pagare questa scelta: fra gli insorti che ottennero in questa circostanza una facile promozione vi era Idi Amin Dada.

Nel tempo molti parlamentari del Kabaka Yekka e del Partito Democratico si unirono all’UPC e nel 1964 l’alleanza perse il proprio scopo. Obote tenne occultato al Governo l’aiuto che stava offrendo ai ribelli dell’etnia Simba  nella loro ribellione contro il Presidente della Repubblica Democratica del Congo, Moise Tshombé. Le forniture di armi, della cui consegna era incaricato Amin, erano pagate in oro e  avorio; in questo stesso periodo un ammontare pari a 24.000 sterline venne depositato sui conti personali di Idi Amin.

A inizio 1966, fu denunciato alla magistratura uno scandalo che avrebbe potuto travolgere il Primo Ministro, alcuni Ministri e il Comandante dell’Esercito; Obote fece arrestare i Ministri (con l’inchiesta in corso), sospese la Costituzione e assunse i pieni poteri. Obote riscrisse la costituzione, concentrando il potere su di sé e abolendo tutti i regni pre-coloniali nella parte meridionale ed occidentale del paese. In aprile ’66 venne promulgata la nuova Costituzione. Si giunse ad una tensione fortissima tra il Governo Centrale e il Lukiko del Buganda, con l’espulsione del personale governativo dal suo territorio. Dietro ordine di Obote, il 24 maggio 1966 il capo di stato maggiore, Idi Amin, attaccò il palazzo reale e la monarchia ganda fu abolita; Obote si auto-promosse presidente.  Mutesa dovette lasciare il suo ufficio per una Repubblica Presidenziale Esecutiva.Obote  invase militarmente il Buganda con la sanguinosa battaglia di Mengo e le truppe al comando del Comandante Idi Amin Dada setacciarono il Palazzo Reale. Il Kabaka scappò ma molti collaboratori furono trucidati. Era la prima strage di ugandesi ad opera di un presidente ugandese e del suo esercito (lo stesso ne avrebbe compiuta un’altra ben più orribile a Lowero nel 1985).

Il Governo Centrale mantenne un buon controllo dell’area settentrionale nilotica del paese. Il primo governo Obote si ridusse quindi ad un quinquennio senza costituzione, sotto la legge marziale, con profonde divisioni tribali.

L’Esercito ebbe un importante sviluppo sotto il primo governo di Apolo Milton Obote con forti incrementi di salario e di importanza di ruolo. Durante tale periodo si era andata rafforzando sempre più la posizione di Idi Amin Dada, che aveva percorso tutti i gradini della gerarchia militare, fino a diventare Comandante in capo delle Forze Armate Ugandesi. Aveva quindi in mano la forza quando, durante l’assenza di Obote per la Conferenza di Singapore, prese il potere con un colpo di stato.
Che cosa non aveva funzionato? Quando l’Uganda ottenne l’indipendenza nel 1962, nessuno si aspettava il successivo lungo disastro. Al contrario, e diversamente dal vicino Kenya, in Uganda non c’era stato un conflitto così sanguinoso come la rivolta Mau-Mau. La produzione di cotone e caffè aveva garantito una discreta qualità di vita, una buona educazione scolastica: quindi buone speranze per il futuro. Diversamente dalla Tanzania, l’Uganda era ricca di risorse naturali ed era dotata di una preparata classe professionale intermedia. Infatti i primi anni videro il sorgere di nuove scuole e di ospedali, di migliorati trasporti, di iniziative produttive. L’Università di Makerere era garanzia di cultura, l’ospedale di Mulago di buona preparazione medica; la centrale idroelettrica di Owen Falls garantiva al nuovo governo appena insediato importanti vantaggi energetici.

L’indipendenza stessa era stata raggiunta senza gravi spargimenti di sangue: si può perfino sostenere che i partiti politici divennero veramente attivi più per prendersi in carico l’indipendenza che non per conquistarla attivamente.
Come primo Ministro Obote dimostrò un certo talento nel mediare tra gruppi molto differenti per lingua, tradizioni, cultura, inimicizie storiche e rivalità religiose.
Quali furono le difficoltà? Innanzitutto la suddivisione linguistica tra Bantu del sud e Nilotici del nord. Inoltre la divisione tra allevatori e agricoltori. Inoltre le differenze tra gli antichi regni dispotici e i politici di nuova leva, più democratici e partecipativi. Inoltre le rivalità tra i regni stessi (Buganda-Inglesi/Bunyoro), le differenze tra le aree più servite dalle ferrovie e dai trasporti e quelle meno servite, infine una classe militare di professione senza una vera identità nazionale, da ultimo una forte presenza di indiani ricchi. C’è dunque una lunga lista di motivi che spiegano la straordinaria vulnerabilità politica dell’Uganda degli anni ’60. Il risultato inevitabile fu il dispotismo militare degli anni ’70. ma le cause principali erano già presenti al momento dell’indipendenza.
Nel 1971 si ebbe il colpo di stato di Idi Amin Dada; iniziò un periodo di terrore. Nel 1972 l’espulsione di 60mila asiatici precipitò una crisi economica; ugandesi esiliati in Tanzania, pro-Obote, guidati dal gen. David Oyite-Ojok e dall’ufficiale Yoweri Museveni, tentarono d’invadere l’Uganda. Preseguirono nel 1972-3 scontri armati sul confine Uganda-Tanzania. Nel 1976-7 le truppe di Amin (che si è proclamato presidente a vita) massacrarono lango e acholi, colpevoli di avere appoggiato Obote; Amin reclamò alcuni territori del Kenya. Ma l’atto finale si ebbe nel 1978: Amin invase la regione tanzaniana del Kagera.

Nell’aprile 1979 il Fronte nazionale di liberazione dell’Uganda (Unlf), ancora guidato da Oyite-Ojok e Museveni, e l’esercito tanzaniano costringono Amin alla fuga.

Yusuf Lule è installato alla presidenza del paese, ma, dopo due mesi, è sostituito con Godfrey Binaisa; il paese è nella più totale anarchia.

Tornando ad Amin, egli piombò l’Uganda in otto anni di terrore e di disintegrazione. Tutto venne travolto: l’economia, l’educazione, la convivenza. I morti ammazzati, anche con inimmaginabile sadismo, si contarono a centinaia di migliaia. Egli sfogò il suo odio soprattutto sui Lango e gli Acholi, storici supporters di Obote. Innumerevoli ugandesi furono costretti ad andarsene. Espulse gli indiani e gli inglesi, determinando l’improvviso collasso dell’economia ugandese. Subì lo smacco internazionale dell’azione commando israeliana in occasione del dirottamento dell’Airbus della El-Al. In un sussulto di megalomania attaccò la Tanzania nel 1978: la sconfitta militare subita liquidò il regime nel 1979. Non ci si soffermerà su questo luttuoso periodo perché è talmente anomalo e rifiutato da tutti che non dovrebbe costituire materia di particolare meditazione e di possibile evoluzione politica.

Un periodo di tumultuosa transizione politica seguì l’incubo di Amin. Un mese prima della liberazione di Kampala, i rappresentanti civili dell’opposizione ad Amin si incontrarono a Moshi e formarono la Unity Conference che istituì lo Uganda National Liberation Front (UNLF).

Come Incaricato Esecutivo fu designato Yussuf Lule, già rettore dell’Università di Makerere. In quanto accademico e non politico, non impensieriva nessuna delle 22 formazioni politiche presenti.
Dopo la caduta di Amin, Lule divenne Presidente, con un parlamento provvisorio (National Consultative Council- NCC). Fu presto accusato di autoritarismo di favoritismi verso i Buganda. Dopo tre mesi, con l’approvazione di Nyerere (che controllava ancora Kampala con l’esercito tanzàno), Lule fu forzatamente rimosso ed esiliato. Fu sostituito da Godfrey Binaisa, anch’egli del Buganda, ex collaboratore d’alto livello di Obote. La sua incapacità di controllare un esercito sempre più potente gli fu fatale. L’esercito postbellico era costituito da 1000 uomini, come il King’s African Rifles del 1962.

Ma nel 1979 i leader come Yoweri Kaguta Museveni e Major-General David Oyite Ojok iniziarono ad arruolare migliaia di uomini che divennero le loro armate private (il primo passò da 80 a 8000 uomini, il secondo da 600 a 24000). Il colpo di stato maturò nel maggio 1980, ideato da Ojok, Museveni e Paulo Muwanga, collaboratore di Obote. In effetti l’Uganda fu diretta da Muwanga fino alle elezioni di fine 1980. Per il controllo della situazione, le spese militari raggiunsero il 30% delle risorse nazionali, una cifra spropositata agli occhi dei civili contribuenti.

Si assistette al trionfale ritorno di Obote dalla Tanzania, affiancato dal suo supporter lango, il generale Oyite-Ojok. Subito parlò di ritorno al partito unico. Le elezioni del 1980 erano le prime da 18 anni! I partiti più importanti erano UPC Uganda People’s Congress di Obote, il DP Democratic Party di Paul Ssesemogere, il UPM Uganda Patriotic Movement di Y. Museveni e il Conservative Party, con gli eredi del Kabaka Yekka. Si ebbero ridde di brogli e di prepotenze, che le resero assolutamente irregolari: non c’era neppure la segretezza del voto.

La lista Obote vinse in 81 su 126 circoscrizioni. BBC e Voice of America diffusero la notizia del trionfo, anche il Commonwealth Observer Group si dichiarò soddisfatto. Lo scoppio di una nuova guerra civile era talmente temuto, che si preferì chiudere un occhio (se non due).

Nei primi anni ’80 il secondo governo Obote fu lo sfondo di vendette incrociate e di disillusioni.Nel febbraio 1981, poco dopo l’insediamento del secondo governo Obote (che aveva come vice e ministro della difesa Paulo Muwanga) un precedente membro della Commissione Militare, Yoweri Museveni con i suoi adepti armati si dichiararono Armata di Resistenza Nazionale (National Resistence Army – NRA). Egli voleva rovesciare Obote con una rivolta popolare ed iniziò quella che fu chiamata “la guerra nella boscaglia”.
Altri gruppi minori sorsero, a boicottare il nuovo regime, ma furono distrutti.
Museveni, che aveva esperienza di guerriglia per aver militato nel FRELIMO mozambicano, si impegnò in aree rurali ostili ad Obote, specialmente nel Buganda, nel Bunyoro e nell’Ankole.

Gli sforzi di Obote di aver ragione di Museveni per quattro anni non produssero che distruzione di vaste aree e molti più morti che il regime di Amin. Il suo esercito era formato da molti Lango e Acholi sfuggiti al genocidio di Amin; armati e in divisa militare, sparsero il terrore nel sud del paese. Per eradicare il sostegno a Museveni, internarono in campi di concentramento ben 750.000 persone dell’area di Lowero, a nord di Kampala, Tutto fu rapinato dai militari di Obote in quella zona, innumerevoli assassinii furono perpetrati (pile di teschi umani furono in seguito ritrovati nella boscaglia).

L’esercito era principalmente concentrato nel nord-ovest, cioè nel West-Nile, dove si trovava il supporto popolare di Idi Amin, nel timore di un suo ritorno. La vendetta dell’esercito acholi sul gruppo etnico di Amin fu tremenda, addirittura con una strage di persone nascoste in una missione. La Croce Rossa Internazionale, che denunciò il massacro, fu espulsa dall’Uganda. Lo stile poliziesco non differì molto da quello di Amin; gli oppositori scomparivano, anziché allo State Research Bureau di Nakasero, presso la “Nile Mansions”. Amnesty International ha contato 500.000 morti tra il 1981 e il 1985, senza contare l’attività di tortura perpetrata ovunque.

Non ostante queste attività, Obote era sensibile alla propria immagine internazionale e aveva seguito le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale: svalutò lo scellino del 50%, per migliorare le esportazioni. Egli ottenne anche l’appoggio militare della Korea del Nord contro i ribelli di Museveni. Il migliore elemento dell’esercito, il generale Oyite Ojok morì in un incidente d’elicottero e Obote attese molto prima di nominarne il successore, che fu un Acholi, anche per calmierare la montante protesta della componente acholi dell’esercito, sempre in prima linea. Ancora una volta durante l’assenza di Obote, il generale Basilio Olara Okello mobilitò l’esercito ed entrò in Kampala il 27 luglio 1985. Obote era andato in Zambia, con molti suoi collaboratori e buona parte delle risorse nazionali.
Il governo militare di Tito Lutwa Okello, fratello del generale omonimo, durò dal luglio 1985 al gennaio 1986, senza un disegno politico, che non fosse l’autodifesa personale. Per rafforzare la sua posizione contro il NRA Okello invitò i soldati di Amin a tornare dal Sudan in Uganda. Essi combatterono molto abilmente, ma senza troppe distinzioni tra amici e nemici. Questa riabilitazione di quelle infami soldatesche non giovò all’immagine internazionale di Okello e fu un elemento positivo per Museveni.
Nel 1986 un’iniziativa di mediazione del Kenya fu ben accolta da Okello, allo stremo di credibilità politica; i negoziati però si dilungarono. In gennaio 1986 Museveni diede il colpo finale, entrando a Kampala; Okello fuggì nel nord tra gli acholi.
Nel 1987 la “profetessa” Alice Lakwena intensificò la guerriglia nel Nord, ma fu sconfitta e fuggì in Kenya; le subentrò il nipote Joseph Kony, alla testa dell’Esercito di Salvezza del Signore (LRA).

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3. Gli anni di Muséveni

Yoweri Kaguta Muséveni proclamò la propria Presidenza il 29 gennaio 1986: immensi problemi di ricostruzione attendevano il nuovo regime. Il governo di Muséveni assunse quindi il potere senza una fiducia popolare universale sulla sua capacità di legiferare. La sua National Resistance Army (NRA) aveva però dimostrato maggior disciplina delle altre formazioni armate. Quando dichiarò la propria volontà politica di rendere pacifico e sicuro il paese, ebbe un forte supporto popolare. L’NRA creò una branca politica, il National Resistance Movement (NRM) e definì il proprio Programma in Dieci Punti, che comportava una vasta base democratica e una gerarchia delle assemblee popolari (Resistence Councils, divenuti poi Local Council) dal primo livello di villaggio al quinto di distretto quale via di progressiva mediazione e responsabilizzazione.
Nel 1988 continuava l’opposizione a Muséveni; in aprile il governo annunciava la resa di 30.000 ribelli; ci fu un tentativo di ammutinamento di una fazione delle Updf e 700 ufficiali furono imprigionati. Nel 1989 si tennero le elezioni del Consiglio nazionale rivoluzionario (Nrc), che approvò la bozza di costituzione presentata dall’Nrm; il mandato del governo fu esteso di 5 anni; vietati i partiti.

Dopo i dubbi iniziali se assumere i metodi economici e amministrativi occidentali, il governo si orientò verso una corretta azione di riforme strutturali e di diversificazione delle esportazioni. La contabilità corretta nei sevizi governativi e il comportamento dei funzionari pubblici furono obiettivi prioritari. Ma il NRM aveva pochi quadri formati e la decisione di Muséveni di reinsediare negli alti gradi alcuni elementi dei passati governi e del precedente esercito gli costò qualche supporto politico. Per di più, le idee politiche dell’NRM erano nuove e non avevano base nel nord e nell’est, dove uno stillicidio insurrezionale continuò a stravolgere le vita dei territori e ancor oggi dopo sedici anni di azione difensiva e di presenza sul territorio non ha ancora avuto ragione di tali forze ribelli.

Anche l’Esercito attraverso il vasto reclutamento anche di elementi ribelli non ha saputo disfarsi dell’immagine di abuso sui diritti umani per cui era divenuto famoso. Così le azioni di pacificazione si sono spesso risolte in attacchi indiscriminati alla popolazione civile nel nord-est (Karamoja compresa), con un sistema giudiziario di inchiesta lento alle iniziative in questo campo. Frattanto le spese militari si sono ingigantite, ponendo seri dilemmi di costi/opportunità in altri campi.

Nei primi ’90 Muséveni sostenne molto l’azione della magistratura e degli osservatori per il rispetto dei diritti umani. Sul piano internazionale, Muséveni cominciò nel 1991 un più stretto rapporto trilaterale con Daniel Moi Presidente del Kenya e con Ali Hassan Mwinyi Presidente della Tanzania. Certamente i frequenti incidenti di frontiera con il Kenya che si verificano anche in Karamoja non resero facile un rapporto di fiducia reciproca. Comunque vari accordi furono stipulati in campo di sicurezza, commercio, trasporti, agricoltura e industria. Con il Rwanda le relazioni furono difficili anche per la presenza di esuli rwandesi in Uganda e l’invasione del Rwandan Patriotic Front in patria nel 1990 dalle basi in Uganda. Il presidente Juvénal Habyarimana accusò Muséveni di complicità. I frequenti sconfinamenti dell’armata rwandese sembra siano costati all’Uganda migliaia di morti e di profughi. Rappresentanti dell’Organizzazione dell’Unità Africana hanno spesso mediato con scarso successo. Anche i profughi dallo Zaire furono decine di migliaia nei primi anni ’90.
La stessa difficile situazione si ha ancora con il Sud Sudan, dove l’Esercito sudanese spinge i ribelli attraverso il confine in aree del nord Uganda estermamaente povere per la siccità cronica e instabili per la presenza di forze ribelli a Muséveni. I profughi sono comunque un incubo per la già instabile economia ugandese.

Un obiettivo importante fu l’emanazione della Costituzione. Una commissione speciale di 21 membri si insediò nel 1988, con una scaletta di date tra cui un referendum popolare sulla bozza costituzionale per il 1993. Nel gennaio 1990 il NRM estese per cinque anni i termini di governo. A partire dal 1993 furono re-istituiti i regni del sud, a cominciare dal Buganda: il ruolo dei re si basava su regole tradizionali. Nel frattempo le elezioni dei Resistence Council in 30.000 villaggi ebbe luogo nel 1992, con l’indiretta designazione dei membri a livello di parish, di subcontea, di contea e di distretto.
La campagna elettrorale fu però proibita, con la clausola di eventuale eliminazione del candidato. Numerosi elementi dell’opposizione furono eletti, certificando così una sostanziale libertà di voto. Queste elezioni portarono 400.000 ugandesi ad assumere diretta responsabilità politica locale, con rappresentanze di ogni identità etnica, religiosa e politica del paese. In dicembre 1992 la Commissione costituzionale raccomandò il prolungamento della “democrazia senza partiti” voluta da Muséveni. Nel 1993 Muséveni restaurò le monarchie ugandesi, inclusa quella del regno del Buganda, ma con sole funzioni cerimoniali e culturali. Nel 1994 si tennero le elezioni per l’Assemblea costituente (senza partiti).

Nel 1996 si tennero le elezioni presidenziali, con la vittoria di Y. Muséveni (74,3%). Nello stesso anno si tennero le elezioni per il Parlamento.

Sempre nel 1996 l’Uganda invase parte dello Zaire, con un lungo coinvolgimento nel conflitto. Nel 1996, maggio: Muséveni è eletto presidente nelle prime elezioni presidenziali dirette (senza partiti). 1997: le Updf di Muséveni invadono lo Zaire (oggi Rd Congo), a sostegno di Laurent-Désiré Kabila contro Mobutu. Nel 1998 l’esercito entrò di nuovo nell’Rd Congo, ora al fianco di nuovi gruppi ribelli contro Kabila. L’invasione consentì all’Uganda ingenti furti d’oro del ricco territorio congolese.

Come promesso cinque anni prima, nel 2000 si è tenuto un referendum circa il futuro assetto politico-istituzionale: il 90% ha approvato il progetto Muséveni, ma solo il 51,1% degli aventi diritto ha effettivamente votato.Così nelle seconde elezioni presidenziali della IV Costituzione tenutesi il 21 marzo 2001 Muséveni ha ottenuto il 69,3% dei voti contro Kizza Basigye con il 27,8%. Anche il 7° Parlamento è stato eletto nel 2001. I successivi appuntamenti elettorali del 2006 e del 2011 hanno visto ancora vittorioso Muséveni, che nel frattempo aveva fatto modificare dalla propria maggioranza la Costituzione da lui stesso promulgata, che prevedeva non più di due mandati presidenziali: egli quindi è già Presidente fino al 2016 (a coprire un trentennio).

Negli ultimi anni la guerriglia interna ha fortemente compromesso la pace interna e la stabilità nella zona settentrionale del paese. E’ sempre l’Esercito di Resistenza del Signore (LRA) il movimento armato fondato da Joseph Kony, e dal suo vice, Vincent Ottii Alana e da Charles Tabuley che mantiene un regime di terrore nel Nord. Si calcola che la guerra nel nord Uganda abbia provocato più di 100.000 vittime, mentre oltre 20.000 bambini sono stati sequestrati, per farne bambini-soldato.

Nel 2002 Muséveni stipula un accordo con il Sudan per una comune azione contro l’LRA di Joseph Kony; Kony intensifica il rapimento di bambini; l’esercito evacua oltre 400.000 civili e li sistema in “campi di concentramento”; Muséveni dice che è per proteggerli da Kony; in verità, continua la sua “vendetta” contro gli acholi; dopo 5 anni di negoziati, si giunge alla firma di un primo accordo tra esercito e LRA, ma gli attacchi dei ribelli continuano. Nel maggio 2003 l’Uganda ritira le truppe dall’Rd Congo; decine di migliaia di congolesi cercano rifugio in Uganda. In febbraio 2004 l’LRA massacra oltre 200 persone in un campo per sfollati; dicembre: rappresentanti del governo e dei leader dell’LRA hanno il loro primo incontro faccia a faccia, che non porta però a un miglioramento dello stato di emergenza nei distretti del nord dell’Uganda.
In aprile 2005 il governo di Kampala rigetta le accuse mosse dall’Rd Conto davanti alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia: Kinshasa sostiene che i soldati ugandesi hanno “invaso” l’Rd Congo, ucciso cittadini e depredato ricchezze naturali; in luglio è tolto dalla costituzione il limite di due mandati presidenziali; un referendum approva il ritorno alla democrazia multipartitica; il 30 luglio muore il vicepresidente del Sudan, John Garang (stava tornando in Sud Sudan sull’elicottero personale di Muséveni); Obote muore in Sudafrica ed è sepolto in Uganda: la Corte Penale dell’Aja spicca 5 mandati di cattura contro altrettanti leader dell’Lra; Kizza Besigye, leader del Forum per il cambiamento democratico, torna dall’esilio; novembre: Kizza è arrestato e accusato di tradimento e di stupro; Muséveni rivela di voler rimanere in carica fino al 2012; la Cpi sentenzia che l’Uganda è tenuta a compensare l’Rd Congo per gli abusi contro i diritti umani e il latrocinio di risorse naturali compiuti nel territorio congolese dal 1998 al 2003.
In febbraio 2006 Muséveni vince le elezioni presidenziali (57%) contro Kizza Besigye (37%); gli osservatori dell’Unione europea testimoniano delle intimidazioni fatte da Muséveni contro il suo rivale e dell’abuso fatto dal presidente dei mezzi di comunicazione (impediti a Besigye); iniziano i colloqui di pace tra il governo e i ribelli dell’Lra in Sud Sudan; si firma l’accordo di pace e il cessate-il-fuoco; successivi colloqui, però, falliscono perché uno delle due parti li abbandona; novembre: il governo rifiuta un rapporto dell’Onu che accusa le truppe regolari ugandesi di fatto uso di eccessiva e indiscriminata violenta nella campagna varata per disarmare i vari “gruppi di guerrieri tradizionali etnici” nella regione del Karamoja.
Nel marzo 2007 forze di pace ugandesi sono spiegate in Somalia come parte del contingente dell’Unione Africana; il Programma alimentare mondiale dimezza le razioni di cibo a oltre 1 milione di sfollati in Nord Uganda; Uganda e Rd Congo si accordano di rallentare le tensioni sorte per una disputa su un territorio di confine conteso. Imponenti alluvioni giustificano lo stato di emergenza .

In febbraio 2008 i colloqui di pace in svolgimento a Juba (Sud Sudan) tra il governo e l’Lra portano alla firma a ciò che potrebbe essere un permanente cessate-il-fuoco;  Joseph Kony non si presenta a firmare il definitivo accordo di pace; gli eserciti di Uganda, Rd Congo e Sudan lanciano offensive contro le basi dei ribelli Lra; braccati dagli eserciti nazionali, i ribelli dell’Lra lanciano appelli per un cessate-il-fuoco.

Nel 2010 l’opposizione accusa Muséveni di nepotismo: starebbe preparando il figlio, il col. Kainerugaba Muhoozi, capo di un’unità di forze speciali e della guardia presidenziale, a succedergli; vi sono ammassamenti di truppe sulla frontiera con l’Rd Congo, in seguito all’apparizione in quel paese di un movimento ribelle ugandase, chiamato Adf-Nalu, i cui membri dicono di voler installare uno stato islamista in Uganda; scatta l’”Operazione Rwenzori” contro l’Adf-Nalu (90.000 persone fuggono nel Nord Kivu);  due bombe sono fatte esplodere tra la gente che sta guardando la finale della Coppa del mondo di calcio: una in un ristorante, l’altra in un club di rugby (74 le vittime): il gruppo islamista somalo Al-Shabaab rivendica la paternità degli attentati; ottobre: un rapporto dell’Onu afferma che le uccisioni di hutu rwandesi nell’Rd Congo tra 1993 e il 2003 ammontano a un vero e proprio “genocidio”: gli stati coinvolti sono Rwanda, Uganda, Burundi, Zimbabwe e Angola; la corte costituzionale rigetta le accuse di tradimento mosse dal regime contro il leader dell’opposizione, Kizza Besigye.

Nel 2011, febbraio: Yoweri Muséveni vince il suo quarto mandato da presidente con il 68% dei voti; gli Usa inviano 100 uomini delle loro forze speciali per aiutare l’Uganda a combattere i ribelli dell’Lra.

In conclusione Muséveni ha imposto una pace, che da fragile inizialmente si è dimostrata longeva e sufficientemente forte da garantire una “normalizzazione”, se così può essere chiamata, con un eufemismo, l’attuale situazione ugandese.

Negli ultimi anni le ricerche petrolifere condotte dalla Heritage Oil e la Tullow Oil dichiarano di aver scoperto depositi di greggio di almeno 2 miliardi di barili presso il Lago Alberto; la francese Total si è aggiudicata lo sfruttamento. Ciò consoliderà la posizione di Muséveni, con un forte afflusso di valuta estera. La prospettiva di una presidenza a vita si farebbe sempre più concreta.